COS’È E DOV’È IL DONBASS

Da giorni si sente parlare su notiziari e social di mezzo mondo del Donbass, la regione ad est dell’Ucraina suo malgrado famosa dal 2014 per lo scatenarsi della guerra tra esercito ucraino e ribelli filo-russi.

Ebbene, alle soglie del potenziale nuovo conflitto mondiale tra Russia e Occidente con i timori di una possibile invasione della Ucraina da parte delle forze militari di Mosca, nuovamente si è tornati a parlare – e purtroppo anche a sparare – del Donbass. In questa regione al confine tra Russia e Ucraina, dopo la guerra civile del 2014, sono sorte due auto-proclamate Repubbliche “separatiste” ufficialmente non riconosciute a livello internazionale. Si tratta delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, governate entrambe da separatisti filo-russi: Kiev le definisce territori occupati, esattamente come la Crimea, mentre da Mosca ufficialmente sebbene siano sostenuti militarmente ed economicamente, non sono mai state riconosciute a pieno titolo. Da qualche settimana in queste due aree del Donbass si è cominciato a sparare su entrambi i fronti, con accuse reciproche di Kiev e Mosca contro il campo avverso: i separatisti filorussi hanno accusato Kiev di aver aperto il fuoco nel Donbass, di contro il Presidente Zelensky ha denunciato all’ONU i bombardamenti contro un asilo a Stanytsya Luhanska oltre ad un centinaio di “cessate il fuoco” disattesi nell’ultima settimana.



LE REPUBBLICHE SEPARATISTE CONTESE TRA RUSSIA E UCRAINA

Nella mattina di lunedì, mentre il crescere della tensione tra Russia e Nato è dato sempre più in alto, il Consiglio di Sicurezza convocato da Putin chiede ufficialmente al Cremlino di riconoscere ufficialmente le due Repubbliche separatiste del Donbass: in serata parlerà alla nazione lo stesso Presidente russo e darà la sua decisione finale, dopo aver già anticipato che «La decisione se riconoscere o meno le due repubbliche autoproclamate del Donbass verrà presa in base agli sviluppi della situazione. Kiev ha già condotto tra operazioni punitive contro il Donbass e sembra proprio che si stia avventurando in un’altra. Gli ultimi sviluppi dimostrano che le autorità ucraine non hanno nessuna intenzione di implementare gli accordi di Minsk». Lo stesso Putin, come Zelensky e lo stesso Occidente si dicono pronti a siglare una tregua nel Donbass per concludere la rinnovata guerra civile in corso ormai da giorni: la situazione è valutata di estrema delicatezza in quanto l’evolversi dello scontro nel Donbass potrebbe precludere all’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte delle forze russe (accusate dall’Occidente di cercare l’episodio-miccia nel Donbass per avere la giusta “scusa” dell’invasione) o al ritiro del Cremlino dopo l’eventuale accordo sul non ingresso nella Nato dell’Ucraina. Mosca a livello strategico, vorrebbe che il Donbass facesse parte a tutti gli effetti dell’Ucraina, in modo però che i leader filorussi delle due Repubbliche (Kyrylenko a Donetsk e Oleksandrovyč a Luhansk) avessero diritto di veto su importanti decisioni di politica estera e di politica interna. Con il pieno riconoscimento delle Repubbliche invece Mosca si precluderebbe la possibilità di “condizionare” le scelte e le mosse ucraine dal dentro lo Stato di Kiev: non solo, verrebbe così stralciato l’accordo di Minsk del 2015 in cui Kiev e il Donbass si impegnavano a rispettare «dialogo, l’invio di aiuti umanitari e il rinvio delle armi pesanti». Un effetto detonante insomma sull’equilibrio dell’area già piuttosto instabile: c’è sempre da considerare come nelle due Repubbliche separatiste vi siano ricchi giacimenti di carbone. Dunque ok non entrare in pieno possesso, ma neanche perderle del tutto come territori fornendo invece risorse minerarie di questo calibro all’Europa. L’opzione dei “filo-russi” separatisti fino ad oggi aveva tenuto assieme le duplici pretese di Mosca: tutto fino ad oggi, quando una potenziale imminente guerra su larga scala potrebbe esplodere da un giorno all’altro…



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