SUICIDIO ASSISTITO IN SVIZZERA: LA MOGLIE MUORE CON L’EUTANASIA MA AVVISA IL MARITO SOLO VIA MAIL

Una donna di 55 anni, originaria di Torino, ha deciso di procedere con l’iter del suicidio assistito in Svizzera avvisando però il marito solo dopo l’eutanasia (tramite l’avvocato): l’incredibile e triste storia di Marta viene raccontata da “La Stampa” e “La Repubblica” nei giorni in cui in Italia si è tornati a discutere sul tema del suicidio assistito dopo la presentazione della proposta di legge a livello regionale prima in Veneto e poi in altre 10 Regioni. I fatti si riferiscono però allo scorso 12 ottobre quando dalla clinica della “dolce morte” a Basilea arriva la notizia scioccante per la famiglia: la donna in questione non era malata terminale ma ha scelto di procedere con il suicidio assistito dopo una grave fase di depressione in seguito alla morte del figlio adolescente (dopo una lunga malattia degenerativa).



La donna morta con il suicidio assistito legale in Svizzera, dopo il lutto familiare era seguita da uno psichiatra e ha deciso di nascondere la sua scelta ai familiari, i quali non sono stati in alcun modo coinvolti dagli operatori svizzeri. Addirittura appena un’ora prima della morte lo scorso ottobre 2023, l’avvocato della donna ha ricevuto un sms da un numero anonimo con le ultime volontà della 55enne: come riportano i media, nel testo si trova scritto «Per favore, vai a casa, stacca le utenze, regala i miei vestiti in beneficenza e affida a mio marito l’urna con le ceneri di nostro figlio». A quel punto l’avvocato ha avvisato, molto allarmato, il marito della donna: si tratta di un imprenditore che vive in Canada per lavoro e che solo ore dopo ha scoperto il tutto, quando il suicidio assistito era già avvenuto. Il motivo è una atroce fatalità: la mail della clinica era finita nello spam della cassetta di posta elettronica dell’imprenditore. Solo giorni dopo gli è stata poi recapitata l’urna con le ceneri e con il certificato di morte, senza però – spiega SkyTG24 – che venisse riportata la causa.



LA MORTE DEL FIGLIO, LA DEPRESSIONE E L’ULTIMO CHOC: “NESSUNO DALLA CLINICA CI HA AVVISATI”

Già a luglio – ha raccontato il marito a “Repubblica”, la cognata aveva scoperto che Marta stava andando in una clinica svizzera nella quale si pratica il suicidio assistito: «Abbiamo raggiunto Marta e l’abbiamo fatta ragionare. Ci aveva tranquillizzati, assicurandoci di avere accantonato l’idea». A quel punto la famiglia ha deciso di scrivere all’associazione della clinica di Basilea spiegando che la moglie aveva subito un gravissimo lutto e che stava per questo passando in periodo di depressione.



L’imprenditore insomma sottolinea della volontà di informare la clinica per poter essere messi in contatto con i medici che stavano seguendo l’iter eutanasico: ebbene, «Non abbiamo mai ricevuto risposta». Marta è stata “solo” aiutata a morire, senza alcun intervento o dialogo con la famiglia, specie in una condizione non di malattia terminale ma per depressione post-trauma: «Nessuno ci ha avvisato del suo viaggio in Svizzera – ha concluso il vedovo – . Non abbiamo potuto tentare di dissuaderla e nemmeno salutarla, né prima né dopo la morte. Abbiamo soltanto ricevuto le sue ceneri». Al netto delle singole opinioni in merito ad un tema molto delicato come quello del Fine Vita, e al netto anche del sacrosanto dolore personale della famiglia, il marito si chiede «quanto questo sia giusto». E pensiamo non abbia particolarmente torto…