Ha fatto il giro del mondo la notizia della donna morta dopo la reinfezione di Covid-19. Si tratta del primo caso al mondo con esito fatale, ma è bene fare delle precisazioni. Come evidenziato da El Mundo, la donna originaria dei Paesi Bassi aveva 89 anni e una rara forma di cancro, la macroglobulinemia di Waldenstrom. All’inizio dell’anno era stata ricoverata in pronto soccorso con febbre alta e tosse, poi era risultata positiva al coronavirus. Ma aveva recuperato a pieno dopo 5 giorni. Quasi due mesi dopo ha avuto nuovamente febbre, tosse e problemi respiratori. Aveva peraltro cominciato da due giorni un nuovo ciclo di chemioterapia. L’anziana è risultata nuovamente positiva al coronavirus. Nell’ottavo giorno di ricovero le sue condizioni si sono aggravate ed è morta due settimane dopo. Le analisi effettuate sulla donna hanno evidenziato che la composizione genetica del coronavirus era diversa in ciascuna delle due infezioni, quindi era stata colpita da un ceppo diverso. Il caso, dunque, va preso con le pinze a fronte delle condizioni di salute della donna.



REINFEZIONE COVID: NEL MONDO 23 CASI

Ad oggi nel mondo si contano 23 casi di reinfezione in tutto il mondo. A tal proposito, in questi giorni è stato pubblicato sulla rivista scientifica Lancet uno studio sul secondo caso documentato al mondo di reinfezione segnalato ad agosto. Si tratta di un 25enne del Nevada che si era ammalato per la prima volta ad aprile dopo aver accusato mal di gola, tosse, mal di testa, nausea e diarrea. Guarito alla fine di quel mese, si era poi riammalato a maggio accusando gli stessi sintomi, anche se nel secondo caso era stato costretto al ricovero in ospedale per insufficienza respiratoria. E questa è un’altra particolarità di questo caso. Secondo Akiko Iwasaki, professoressa a Yale di Biologia molecolare cellulare e dello sviluppo, non ci sono elementi sufficienti per ritenere che la causa della reinfezione sia dovuta ad una scarsa risposta anticorpale. Peraltro, non è possibile sapere quanti siano esattamente i casi di reinfezione, perché vengono segnalati solo quelli sintomatici. La comunità scientifica però ora si interroga su che impatto ciò ha in merito all’immunità di gregge.

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