Il compagno Bala e la compagna Chanda: ecco chi sono i due aguzzini che avrebbero tenuto in prigionia per ben trent’anni due donne, oggi una di 69 anni e l’altra di 57 (una terza donna, di trent’anni di età, sarebbe stata concepita nella casa stessa) in una casa di Londra. Vero nome Aravindan Balakrishnan l’uomo è stato per quasi tutti gli anni settanta il leader della più estremistica formazione di sinistra d’Inghilterra. Dapprima membro del Partito comunista inglese in cui ricoprì anche cariche di prestigio, da cui fu espulso per le sue posizioni appunto estremistiche, fondò una formazione di ispirazione maoista che venne disciolta quando la polizia, nel 1978, fece irruzione nella comune. La comune attirava molti giovani ai tempi, soprattutto studenti stranieri che non avevano rapporti di alcun genere a Londra, in una visione fortemente utopistica: il loro credo era che l’Armata cinese sarebbe presto arrivata a Londra a liberare tutti gli oppressi. Chi ha conosciuto il “compagno Bala”, parla di una personalità molto abile a manipolare le coscienze, un ritratto che fa venire in mente un altro fondatore di comuni, l’americano Charles Manson che trasformò i figli dei fiori in spietati assassini. Ilsussidiario.net ha chiesto al professore Paolo Sorbi, ex sessantottino, come sia possibile che si passi dall’utopia alla violenza e alla resa in schiavitù.



Professore, il caso di Londra è emblematico di una deriva dell’utopia, esperienze nate magari con la miglior buona volontà, che si trasformano invece in luoghi dell’orrore, della privazione della libertà stessa.

Credo che molte volte queste forme di comuni vadano contestualizzate maggiormente nell’ambiente anglosassone e non quello di cultura mediterranea.



Perché?

Perché nell’ambiente anglosassone il tema della repressione sessuale sulle donne e sugli individui in genere è sempre stato  più presente non a partire dal 68 ma dalla riforma protestante.

Ci spieghi meglio.

Il 68 è solo una scadenza dove si coagulano il fenomeno dei figli dei fiori in America e delle comuni in Inghilterra e Germania, basti pensare al rapporto tra le comuni e la Raf, il gruppo terrorista tedesco, per capire che il problema è collegato all’educazione autoritaria della famiglia, alla repressione sessuale nella famiglia stessa e ai processi di secolarizzazione del protestantesimo. Questo è il dato sociologico. Una situazione cioè di rottura orizzontale della famiglia anglosassone e una rivolta di carattere estremistico e libertario che per la legge della eterogenesi dei fini si trasforma in una forma di comunità di brutalità. Il 68 europeo ha questa sfaccettatura ma è molto più articolato di quello che si possa pensare.



In che senso più articolato?

Perché fenomeni come quello di cui stiamo parlando non si danno dalla Francia in giù, non esistono in Spagna o in America latina. Perché in Inghilterra sì? Per problemi di carattere teologico-politico, non per il 68. 

Si potrebbe obbiettare che però nei paesi cattolici il 68 è sfociato in terrorismo.

Questo è un altro discorso in cui centra moltissimo il cattolicesimo, infatti nei paesi protestanti non c’è stato il terrorismo. 

 

Perché invece nei paesi cattolici abbiamo avuto il terrorismo?

 

Nei paesi cattolici non è mai esistita l’ipotesi socialdemocratica che è molto collegata alla teologia politica luterana. Nei paesi cattolici invece data la presenza fortissima della cultura della solidarietà, cosa che non esiste nei paesi protestanti dove invece è viva la cultura dell’individualismo, si ottiene la perversione estremizzata della solidarietà che è appunto il terrorismo. Non è un caso che Fidel Castro abbia studiato dai gesuiti e che molti terroristi italiani provenissero da ambienti cattolici. 

 

Tornando al discorso iniziale: dall’utopia alla schiavitù, è d’accordo?

 

Certo, perché all’interno di questo contesto esiste la regola ferrea sociologica dell’eterogenesi dei fini come diceva Augusto del Noce. 

 

Oggi che non esistono più i grandi movimenti ideologici del 68, ci sono altri movimenti come gli antagonisti, gli anarchici, i centri sociali, che si pongono con un forte nichilismo di fondo: tutti contro tutti e il rifiuto di qualunque ordine sociale e ideologico.

 

Assolutamente sì. Questo deriva dalla cultura liberale e non certo da quella della solidarietà. Il nichilismo che non ha origini cattoliche, in un capovolgimento paradossale porta i movimenti estremisti di sinistra al nichilismo che è di origine liberale e libertaria.

 

In questo contesto che posto ha il Movimento cinque stelle di Grillo?

 

E’ un movimento demagogico e populistico, è qualcosa di terribile. E’ una organizzazione diretta da un personaggio squalificato a priori in quanto attore che non dovrebbe neanche fare politica. La politica la devono fare i professionisti e i militanti della politica come dice Max Weber. Il problema di una leadership populista non può che essere diseducante, non c’è niente da recuperare nel M5S.

 

 

Si può dire che questo nichilismo trovi nutrimento nella scomparsa di un cattolicesimo sociale, di valori portanti?

 

Non sono mi stato un cattolico sociale, io sono di origine cattolico comunista. Devo dire che non rimpiango molto il cattolicesimo sociale. Dico che il problema per il cattolicesimo sociale è quello della formazione. Bisogna ripartire come fa Comunione e Liberazione, o come fanno anche i Focolarini,  dall’educazione delle coscienze fuori dalla politica. Poi chi vorrà a livello individuale e per mediazioni individuali entrerà nella politica come cultura del popolarismo, ma non del cattolicesimo sociale che riguarda il sociale e non il politico. 

 

E’ un problema educativo, in sostanza.

Educativo ma non solo. Anche di distinzione del piano e di non integralismo.

(Paolo Vites)