Claudia Mori ha da poco raccontato alla stampa la sua recente apertura alla figlia omosessuale Rosalinda, dopo anni di opposizione. Le parole della moglie del famoso cantante, suonano un invito a tutte le madri nella sua situazione: “Non lasciate soli i figli e accoglieteli così come sono”. (O come diventano, aggiungo io). Ora: da madre, mi sono subito posta la questione. Cosa si agita nella mente di un genitore che presagisce nel figlio una siffatta inclinazione? E siccome domani potrei esserci io al posto di quel genitore, mi è inevitabile iniziare a pensarci fin da oggi. Materiale, del resto, non ne manca. Il maschietto – dieci anni – rientra in casa dalla gita di classe con l’aria corrucciata.
Che ti prende?
Che mi prende? Ho fatto tutto il viaggio di ritorno accanto alla Stefania. Due ore e mezza seduti vicino in pullman!
Stefania è simpatica…
Simpatica? Volevo stare vicino al Massi. Io ODIO le femmine! Oibò.
Ma no… Vedrai che cambi poi idea. Ti ricordi quando non ti piacevano le zucchine ripiene? E poi…
Non faccio in tempo a terminare le mie ragionevolissime osservazioni, che lui è già sparito in camera. L’immagine con cui rimango sola in sala è questa: mio figlio odia le femmine. Nel tentativo di metter meglio a fuoco le sue parole, mi partono uno scatto dopo l’altro di interrogativi: Sarà ancora normale alla sua età? Sarà perché è un bambino timido che non vuole esporsi? O sarà che ho sbagliato IO qualcosa? Magari è perché abbiamo cucinato troppi biscottini insieme? O piuttosto, perché l’ho lavato fino ai quattro anni compiuti con quel delicatissimo bagnoschiuma alla rosa canina che mi ha propinato la farmacista? Signore, aiutami a trovare le risposte, oppure installagli un GPS a dirigere sulla giusta via quei benedetti ormoni!
A interrompermi nelle preghiere, arriva la figlia grande col diario spalancato sulla pagina di oggi.
Firma qui. Interrogazione di Storia: sette.
Dai, brava! Il compiacimento dura un attimo. Sotto il voto, non posso fare a meno di notare la scritta a enormi lettere fucsia, circondata da un una nuvola di cuoricini: “TVTTB. Un bacioni-ssimi-ssimo, Giorgia”. Giorgia: la nuova arrivata di quest’anno in terza. È vero che sono stata io a raccomandare a mia figlia di starle vicino: lei era straniera, non conosceva nessuno… Ma non è che adesso, stanno troppo vicine?!
Allora, è simpatica la Giorgia? Butto lì. Alla ragazzina esce solo un mezzo sorriso. Bene. – Mami, posso andare a dormire da lei sabato sera? Male.
Ti prometto che non facciamo tardi: guardiamo la partita della Nazionale, e poi nanna! E da quando mia figlia si interessa di calcio? Sempre peggio! Coraggio.
Lo vedo difficile. Ne parlerò più tardi con tuo padre. E comunque dovrei sentire anche la madre di Giorgia.
Ricordati che sua mamma lavora tutto il giorno; e non ha ancora imparato l’italiano, parla solo filippino. Solo filippino. Ok, ce la posso fare.
Quando anche la ragazza sparisce in camera, inizio ad avvertire qualche prurito. Ma prima di arrivare a conclusioni errate, bisogna comunque vagliare bene. Accertarsi di non prendere un abbaglio. Ecco: potrei controllare i messaggini sul suo telefono. Non spierei, mi limiterei a un discretissimo parental-control. Del resto, è minorenne. Peccato che un cellulare mia figlia non ce l’abbia. Il padre tiene infatti duro nel ritardare il più possibile l’uso del diabolico dispositivo. Ma stasera lo convincerò della assoluta necessità di dotarla di un telefonino. Sarebbe per un nobile scopo, del resto. Tra paure, ipotesi e irrequietudine, mi assopisco sul divano: sogno di trasformarmi in un satellite russo e tenere tutto sotto controllo.
A ridestarmi è la domanda fatale: Come reagirei, se davvero mia figlia fosse dichiaratamente omosessuale? Ah, sulla carta sarebbe facile: non perderei le staffe, non mi farei vedere sconvolta. Certo, prima di arrendermi al corso degli eventi, combatterei almeno un po’: maratona di film con Brad Pitt; permesso accordato seduta stante ai fori nelle orecchie (altro tabù, al momento rimandato alla maggiore età); shopping sfrenato per la giornata mondiale della minigonna. Anche se già immagino che nulla di questo sarebbe sufficiente: un figlio non lo corrompo mica così facilmente. I figli sono come piante, hanno bisogno di spazio per crescere; se li opprimiamo con un groviglio di paure, rischiamo solo di soffocarli. E di certo non è ciò che voglio per loro. L’unica cosa che posso desiderare per i miei figli – fin da oggi – è che sperimentino la positività che c’è in una coppia, qual è quella formata da mio marito e me. In modo che quando toccherà a loro giudicare questa nostra proposta di famiglia – per quanto tremendamente imperfetta sia – la considerino più attrattiva di altre. La nostra testimonianza oggi, quella di ogni genitore, diventa il terreno di gioco della loro libertà domani.