“Situazioni estreme come quelle dei genitori separati che si rivolgono alla malavita per riavere indietro i figli nascono dal fatto che le istituzioni italiane non difendono adeguatamente i nostri cittadini e da una legislazione europea sul diritto di famiglia che presenta molte lacune”. Lo afferma l’avvocato Laura Cossar, esperta di diritto di famiglia, dopo che i carabinieri hanno arrestato sette persone accusate di condurre un traffico internazionale di minori. Il racket aveva sede a Capaci, nel Palermitano, e operava in Libano, Egitto, Cipro e Tunisia recuperando i minori contesi dai genitori.
Avvocato Cossar, che cosa c’è dietro una realtà come quella scoperta dai carabinieri?
Le questioni di figli contesi tra genitori, soprattutto se di nazionalità diverse, quando prendono una piega drammatica, hanno sempre dei risvolti inaspettati, anche perché per dei figli si fanno talora delle cose folli. Spesso il fatto di rivolgersi a qualcuno chiedendogli di preparare dei documenti falsi è la conseguenza di una follia che nasce da una situazione che non è più gestibile e che non trova risposte nella legge.
I genitori che finiscono per trovarsi in queste situazioni sono persone disperate o vendicative?
Queste situazioni vanno contestualizzate rispetto a una separazione, che può purtroppo riguardare chiunque. Quando questa separazione assume toni esasperati, soprattutto se i genitori sono di nazionalità diverse, ciascuno tende a ritornare nel suo Paese d’origine insieme ai figli. Spesso la conseguenza è quella di perdere il senso della realtà, e quindi ciascuno cerca di portare via il figlio all’altro genitore.
Che cosa prevedono le norme in questi casi?
Il diritto internazionale afferma che un figlio deve rimanere nel posto dove abitualmente risiede, in linea di massima nello stesso luogo nel quale viveva quando i genitori andavano d’accordo. La Convenzione dell’Aia e il Regolamento europeo su questa questione hanno alcune lacune che andrebbero colmate, ma poiché ciò deve passare attraverso un percorso europeo, richiede tempi lunghi in quanto ciascun Paese rivendica la propria sovranità. E’ quindi difficile elaborare un diritto di famiglia comune per l’Ue.
Qual è la posizione presa dalle autorità italiane?
L’Italia in vicende di questo tipo ha assunto degli atteggiamenti talora abbastanza discutibili. Il cittadino italiano non percepisce che le nostre istituzioni lo difendano adeguatamente. Ci sono altri Paesi che al contrario hanno una politica molto difensiva nei confronti dei loro cittadini. L’Italia restituisce sempre i figli ai coniugi stranieri, non tenendo conto delle motivazioni per le quali per esempio una madre italiana può non volere che il figlio torni in Francia con il padre.
Quando un genitore giunge a rivolgersi al racket, si può dire che voglia bene a suo figlio?
Un genitore che giunge a rivolgersi al racket di solito lo fa solo dopo avere tentato di percorrere la via legale e non avere trovato una risposta. Il problema va quindi risolto alla radice. Non basta constatare che un genitore, in determinate circostanze, ha “perso la testa”, ma capire che cosa possiamo fare perché ciò non avvenga più.
Secondo lei quali possono essere le soluzioni?
Andrebbe creata una cooperazione europea più efficiente, ma perché ciò avvenga ci deve essere la volontà politica di farlo. Da un lato va modificata la normativa, dall’altra va cambiato il sistema che giudica queste vicende. Va rafforzata la via bonaria di risoluzione delle controversie, l’unica che può risolvere questi drammi. Quando un tribunale prende una decisione, accontenta una parte e scontenta l’altra. In questi casi quindi la risposta delle autorità non risolve il problema a livello umano.
(Pietro Vernizzi)