Crystal Kelley, una giovane donna americana, aveva affittato il suo utero affinché una coppia che non riusciva ad avere figli potesse averne uno. Genitori biologici dunque che hanno sollevato un caso: il bambino che Crystal aspettava si scopre essere un feto deforme. Il bambino nel ventre soffre di cheiloschisi, una grave malformazione al cuore, una ciste nel cervello che porterà indubbiamente a una vita piena di difficoltà. I due genitori biologici fanno subito la loro richiesta: bisogna abortirlo, non lo vogliamo. Ma succede qualcosa di imprevisto: Crystal rifiuta di abortire. Ovvio che si sia finiti davanti a un tribunale per dirimere il drammatico caso. Va detto che questi casi di utero in affitto prevedono un vero e proprio contratto: in questo caso era scritto che nel caso di gravi anormalità del feto si procedesse con l’aborto. Crystal ci pensa, riceve anche una offerta in denaro oltre a quella già prevista ma decide di portare a termine la gravidanza. Arrivano lettere dell’avvocato della coppia che le intimano di abortire; poi i due genitori decidono che neanche loro vogliono l’aborto ma vogliono esercitare il diritto di affidamento del bambino per darlo in custodia allo stato in cui vivono. La legge del Connecticut dove i due vivono infatti considera il nascituro figlio dei genitori biologici e non della partoriente. Ma Crystal vuole tenere il bambino ed è così costretta ad andare a partorire in un altro stato dove le sarebbe stato riconosciuto il diritto di essere la madre legale.Mette al mondo il piccolo ma viene comunque dato in adozione. Si tratta di una bimba che da allora vive con una coppia adottiva pur con tutti i problemi fisici che si sospettavano. Un caso che dimostra la complicazione del cosiddetto utero in affitto e tutte le difficoltà che può mettere in moto. 



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