Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha scelto proprio la vigilia dell’8 marzo, la Giornata internazionale della donna, per firmare la legge che rinnova il “Violence Against Women Act”, provvedimento originariamente approvato nel 1994 e scaduto nel 2011. Nella nuova versione, però, la legge estende la tutela anche a gay, lesbiche e transessuali e stanzia circa 659 milioni di dollari di fondi federali all’anno per finanziare programmi che forniscano case transitorie, assistenza legale e numeri verdi per le vittime di violenze, oltre che l’attuazione di programmi mirati a prevenire la violenza sessuale e domestica. La decisione di estendere tale protezione legale anche alle donne lesbiche, trans o bisessuali, ha però scatenato le proteste dei vescovi cattolici: William Lori di Baltimora, Jose Gomez di Los Angeles e Salvatore Cordileone di San Francisco hanno infatti contestato questa clausola, temendo che la nuova formulazione possa sovvertire il punto di vista tradizionale sul matrimonio. Altro aspetto che non è piaciuto ai vescovi è l’assenza di una protezione dell’obiezione di coscienza per i gruppi religiosi che aiutano le vittime del traffico delle persone, un emendamento chiesto dall’amministrazione Obama nel 2011 per ritirare fondi alle organizzazioni cattoliche che aiutano le vittime. La nuova formulazione, secondo quanto spiegato dagli stessi vescovi nella lettera distribuita dalla Conferenza Episcopale americana, “sfrutta ingiustamente questi termini per ridefinire la nozione di matrimonio, mentre il matrimonio è l’unica istituzione che unisce un uomo e una donna tra loro e con i figli nati da quell’unione”.