In Italia nel 2009 sono stati abortiti tra i 799 e i 1309 bambini perché era stata diagnosticata loro la sindrome di Down. È ciò che emerge dall’elaborazione dei dati Istat effettuata da Benedetto Rocchi, professore di economia all’Università di Firenze, che ha pubblicato un articolo sul numero di febbraio di Notizie Pro Vita.
Secondo le stime quattro anni fa sono nati 254.121 bambini da donne al di sotto dei 30 anni, di cui 169 i bimbi concepiti con la sindrome di down (incidenza dell’1 per mille), 231.169 da mamme tra i 30 e i 34 anni, di cui 399 con la sindrome (incidenza del 2 per mille), 188.28 da donne tra i 35 e i 39 anni, di cui 672 bimbi down (incidenza del 4 per mille), 57.904 da persone tra i 40 e i 44 anni, di cui 827 bambini con la sindrome, 4.907 da donne con oltre 45 anni, di cui 131 neonati down (incidenza del 26 per mille).
Ma veniamo al dato che ha interessato il professor Rocchi, quello riguardante la percentuale di bimbi abortiti con la sindrome di down. La Regione con la percentuale più alta con il 75% è la Toscana, dove nel 2009 sono nati 19 bimbi, mentre ci sono stati ben 57 aborti. Di poco più bassa, del 70,1% la quota in Emilia Romagna (29 nati, 68 bimbi abortiti), segue la Campania con una percentuale del 56,6% (66 nati, 86 abortiti) mentre si abbassa a 33,7 la percentuale in Veneto, Trentino e Friuli (65 nascite e 33 aborti). Questi dati mostrano, sia pure con percentuali variabili, come molti bambini vengano abortiti dopo un’analisi prenatale che ne diagnostica la sindrome di down.
È vero anche che le rilevazioni riguardano solo un gruppo di regioni italiane e non si può arrivare a una stima reale. “Bisogna, però, tenere conto di un fenomeno statistico alquanto singolare che caratterizza l’Italia – spiega Benedetto Rocchi -. Uno studio recente (Leoncini et al., 2010), svolto in collaborazione con l’ICBDSR si è riproposto di valutare l’affidabilità delle statistiche internazionali sull’incidenza della Sindrome di Down effettuate nell’ambito del “monitoraggio” (su cui si basano i valori indicati dall’ISS)”. “Le regioni italiane che partecipano al programma – continua – presentano tra i più elevati tassi di “under-registration”: i casi di sindrome di Down rilevati sono sistematicamente inferiori a quelli attesi. Sarebbe interessante indagare sul perché in Italia ci sia questa difficoltà a raccogliere informazioni complete con i bambini con la sindrome di Down”.
Da qui si potrebbero aprire milioni di risvolti sul tema. Il professore sottolinea come i calcoli siano “necessari perché questa nostra Italia “avanzata”, che come in tutti i paesi sviluppati con la statistica pensa di poter tenere sotto controllo i fenomeni sociali e pianificare tutto, mostra una strana amnesia riguardo a questi suoi figli la cui sola colpa è di avere una alterazione nei cromosomi.
Non esistono rilevazioni complete di quanti ne nascano e addirittura dove si fanno gli studi per “monitorare” la “malattia” si dimentica di registrare oltre la metà dei casi. I bambini con la sindrome di Down letteralmente vengono inghiottiti da una terribile macchina sanitaria fa letteralmente sparire la loro esistenza tra diagnosi prenatali, richieste, autorizzazioni e aborti. E i pochi che nascono (circa un terzo, come abbiamo visto) vengono spesso dimenticati da un sistema assistenziale poco propenso ad aiutare le loro famiglie”.