La Francia adotta il modello svedese che ha visto il diffondersi degli asili per la prima infanzia in cui vale la regola di trattare in modo indifferente maschi e femmine, bambini e bambine.
Con questo tipo di asili il governo si prefigge l’obiettivo di “lottare contro i pregiudizi sessisti” e promuovere l’uguaglianza. E’ quindi nato il primo di questi istituti a Saint- Ouen, in Seine Saint Denis, un dipartimento dell’Ile de France. La ministra dei Diritti delle donne Najat Vallaud-Belkacem e la ministra delegata alla famiglia, Dominique Bertinotti, tirano in causa la libertà dei bambini, messa in pericolo da modelli culturali (superati?) che obbligano i maschi a fare giochi da maschi e le femmine a fare giochi da femmine. La Bertinotti sostiene la sensibilizzazione di tutti gli educatori alla prima infanzia al problema, e si propone di sostenere tutte le iniziative volte a promuovere l’indifferenziazione dei due sessi.
Anche i genitori sono stati invitati a contribuire a questa formazione, spiegando loro quali sono le rappresentazioni di genere più diffuse e i rapporti sociali tra maschi e femmine. Per cominciare da piccoli ma significativi cambiamenti, nell’asilo francese gli armadietti non sono distinti tra rosa e azzurri, e i giochi come le case delle bambole o le mini cucine non sono destinate esclusivamente alle femmine.
La giornalista di Famille Chrétienne, Anne Gavini, spiega nel numero del 9 marzo 2013 che “dall’aprile del 2009, l’ equipe dell’asilo di Saint-Ouen, Bourdarias, viene formata da specialisti svedesi, che praticano questa pedagogia definita in modo inappropriato ‘egualitarismo attivo’”. Seguendo questa teoria le bambine non vengono incoraggiate a giocare con le bambole, né i maschi a fare giochi manuali, si cerca di spingerli a provare cose diverse. Uno degli educatori dell’asilo di Saint- Ouens spiega che. ”non si tratta di forzarli ma di offrire loro la possibilita’ di scegliere”.
In questo modo si è notato come le femmine possano impazzire per gli atelier di bricolages, e i bambini adorino gli atelier sulle emozioni, dove imparano a verbalizzare sentimenti come la rabbia, la paura, in modo da non farlo attraverso la forza o con le urla.
Un insegnamento questo, per i maschi, ai quali per anni si è inculcato che “i veri uomini non versano lacrime”, che potrebbe portare alla nascita di una nuova generazione di uomini più inclini al dialogo e meno alla violenza.