Incastrate dalle telecamere a circuito chiuso della scuola materna nella quale lavoravano e arrestate. Ecco l’epilogo della triste vicenda che ha visto come protagoniste e carnefici una maestra e la coordinatrice dell’asilo San Romano del quartiere Portonaccio a Roma, rispettivamente di 53 e 67 anni, responsabili di continui atti vessatori nei confronti dei bambini dai 3 ai 6 anni che erano loro affidati. Insulti e continue umiliazioni all’indirizzo dei piccoli che non erano pronti ad obbedire o che avevano avuto la malaccortezza di farsi la pipì addosso, come può capitare a qualsiasi bambino di 4 anni, erano all’ordine del giorno. Bambini minacciati di pulire “con la faccia” dove avevano sporcato, apostrofati come “scemi”, “zozzi” e “bastardi”. A segnalare gli episodi sono stati inizialmente alcuni genitori e altri insegnanti della scuola, che la dirigente, abusando del suo potere, minacciando licenziamenti e sanzioni a chi avesse parlato, era riuscita in alcuni casi a fare tacere. Ma dove non poté la parola dei testimoni, poterono le immagini dei filmati, prova e monito dei reati contestati alle due donne, che vanno dal comportamento violento all’atto denigratorio nei confronti dei bimbi: due violenze diverse, quella verbale e quella fisica, erano quelle attuate dalle maestre. Non picchiavano selvaggiamente i loro alunni, le due: qualche percossa, ma non troppe, perché lasciano segni visibili. I lividi balzano subito all’occhio, a differenza delle ferite lasciate dalle umiliazioni che hanno però dilaniato i bambini che loro per prime avrebbero dovuto proteggere, come ci spiega la psicopedagogista Raffaella Colombo.
Suscita sempre un grande sdegno constatare che persone che scelgono una professione educativa si comportino come queste due maestre. E non è certo la prima volta, questa.
Certo, negli ultimi anni c’è stata una lunga serie di denunce del genere nei confronti di persone che agiscono non solo in modo che va totalmente contro l’etica della loro professione, ma in modo oggettivamente riprovevole. E il fatto che lo facciano umiliando i bambini che sono loro affidati è un’aggravante che scuote la sensibilità del pubblico.
In alcuni casi più gravi, le maestre arrivavano al punto di picchiare di bambini.
Guardi che non sono solo le botte a fare male. Il fatto che un adulto umili verbalmente un bambino, come facevano queste due donne di Roma, è un atto gravissimo, per certi versi ancora più forte della violenza fisica e delle percosse.
In che senso?
Quando un adulto umilia un bambino, usa la sua posizione di potenza per distruggerlo, annientando il fatto che lui, anche se piccolo, sia dotato di una capacità di giudizio personale. Lo annichilisce e gli causa ferite profonde.
Che effetto hanno le umiliazioni sui bambini?
Il bambino si sente ingannato: chi li ha umiliato è proprio uno di quegli individui che gli sono stati presentati come quelli a cui lui può affidarsi e lui, piano piano, perde fiducia nei punti di riferimento, inizia ad aver paura di chi “sta in alto”. Comincia a dubitare di tutto, ad essere insicuro, esternando, in alcuni casi, il suo malessere con difficoltà di linguaggio e del controllo degli sfinteri.
Quindi in futuro potrebbero esserci conseguenze psicologiche gravi?
Non è detto: non c’è sempre un rapporto diretto di causa-effetto, anche se c’è il rischio che il bambino umiliato diventi un adulto che si sente umiliato o, nel peggiore del casi, che replica su di sé o sugli altri la violenza che ha subito.
Le due maestre “cattive” potrebbero dunque essere state oggetto di violenza in passato?
Non si può sapere con certezza per quale motivo queste donne siano state spinte ad agire così nei confronti dei bambini che avrebbero dovuto accudire. Certo è che chi fa cose del genere è qualcuno che non tratta più gli altri come individui con i quali instaurare un rapporto di scambio ma come un fastidio, un oggetto, un ostacolo da eliminare.
E perché si inizia a considerare gli altri come un “fastidio” e non come i partner di un rapporto?
Il prossimo diventa un ostacolo quando si smettere di coltivare il rapporto con lui. La cura dei rapporti è qualcosa che noi tutti dobbiamo fare quotidianamente, altrimenti non solo questi si inaridiscono, ma si inselvatichisce la nostra stessa capacità di trattare con umanità le persone. Quando si inizia a cedere in questo, è tutta una china che porta inevitabilmente nel considerare l’altro come un fastidio di cui liberarsi. Anche con la violenza.
Le due maestre sono quindi cadute in questo baratro della non-cura dei rapporti?
Sì, ed è verosimile pensare che fossero n quella che chiamiamo “miseria psichica” già da parecchio tempo.
Da ormai troppo tempo?
No. Tutti abbiamo la possibilità e la capacità di ricominciare in ogni momento. Di scegliere di riprendere in mano i rapporti con gli altri (e quello con noi stessi) che abbiamo lasciato morire con la nostra incuria. La vita non è fatta di fatalità, ma di scelte dettate dall’iniziativa individuale. Una scelta, quella di tirarsi fuori dal baratro nel quale erano scivolate, che queste maestre hanno liberamente deciso di non intraprendere.
(Maddalena Boschetto)