L’amministratore delegato di Abercrombie & Fitch, Mike Jeffrey, ha rilasciato nel 2006 alcune dichiarazioni per lui serie, ma risultate alquanto provocatorie: “in ogni scuola ci sono i ragazzi fighi e popolari, e poi ci sono i bambini non così cool. E, dovendo essere sinceri, noi ci occupiamo dei ragazzi fighi”. 



In tempi più recenti ha ammesso che i vestiti (da donna) del marchio Abercrombie arrivano alla taglia L, non oltre, per il semplice fatto che il cliente Abercrombie deve vedere intorno a sé solo gente sexy e in forma, in grado di entrare nei vestiti attillati del marchio. Discorso diverso per i capi maschili, che arrivano anche alla XXL, «probabilmente per attirare i giocatori di football e gli sportivi pieni di muscoli», come ipotizza scherzando Robin Lewis, autore del libro “The new rules of retail” ( letteralmente: “Le nuove regole della vendita al dettaglio”).

Una realtà candidamente ammessa da Jeffrey: “Molte persone, semplicemente, non entrano nei nostri vestiti e non ci entreranno mai. Escludiamo della gente? Certamente”. In risposta a queste dichiarazioni così palesemente non politically correct, in Brasile scatta “l’anticampagna” Abercrombie, per mano del designer Isaias Villela Zatz.

Jeffrey aveva anche detto: “Preferirei bruciare un abito, piuttosto che donarlo”, e Zatz prende proprio dei capi Abercrombie e li dona ai poveri di San Paolo,dando vita ad una campagna nella quale invita la gente a fare altrettanto.

L’iniziativa è visibile su Twitter sotto l’hashtag #FitchTheHomeless. Le foto in bianco e nero scattate da Zatz mostrano gli insoliti modelli mentre indossano o “fingono di indossare” le t-shirt Abercrombie in scenari tutt’altro che “cool”. Aspettiamo la risposta di Jeffrey.