Ha fatto scalpore in questi giorni la scelta di Angelina Jolie, da lei stessa resa nota attraverso una lettera al New York Times, di sottoporsi ad un intervento di mastectomia preventiva.
L’attrice aveva perso la madre nel 2007 a causa di un tumore al seno, e si è sottoposta ad un test per verificare la presenza dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di causare nei portatori il tumore al seno e alle ovaie, con un 87% e 50% rispettivamente di possibilità.
Di fronte al risultato positivo dell’ esame Angelina ha optato per la soluzione più radicale, quello di una mastectomia (e ricostruzione) del seno, fatto nella speranza che i suoi figli non debbano subire la perdita precoce della madre.
La vicenda ha suscitato un dibattito acceso anche all’interno della comunità scientifica sull’opportunità di fare ricorso ad un metodo di prevenzione così invasivo, seppur giustificato.Abbiamo parlato con il dott. Alberto De Paoli, oncologo, per avere un suo parere.
Dottore, innanzitutto, cos’è la mastectomia preventiva?
Ci sono alcune forme di neoplasia mammaria che hanno un carattere di ereditarietà, rilevabile facendo la valutazione di due geni che risultano positivi ai test. Questi esami si fanno anche in Italia in situazioni in cui ci sono stati casi di tumore in famiglia come madri, zie, sorelle.
Le opzioni di tipo diagnostico sono fondamentalmente due: da una parte quelle di fare un intervento di mastectomia, appunto detta “preventiva”, e in alcune situazioni si tratta anche di controllare le ovaie, che potrebbero sviluppare una neoplasia.
La soluzione dell’intervento è ovviamente molto aggressiva, e diciamo che alcuni pazienti non badano a “spese” in termini fisici, e sono disposti a sottoporsi a una mastectomia che non deve lasciare neanche la minima quota di tessuto mammario perchè anche in quella sede potrebbe svilupparsi il tumore.
E poi c’è la seconda opzione, ossia di sottoporsi a controlli molto ravvicinati.
Una soluzione che lei consiglia?
L’atteggiamento che io consiglierei ma che comunque in Europa o più osservato, è sicuramente quello di un controllo molto ravvicinato, cioè ogni 3-4 mesi. Mi sembra che anche il prof. Veronesi sconsigliasse un approccio così aggressivo perchè l’intervento di mastectomia è chiaramente un intervento devastante, al quale segue anche quello di ricostruzione.
Una scelta che comunque spetta al paziente…
In Italia il paziente può sicuramente decidere, una volta consapevole dei rischi e delle eventuali complicanze, di optare per l’intervento, perchè questa mutazione genetica comporta un altissimo rischio, che comunque va ricordato, non è una certezza al 100%.
I pazienti che hanno fatto l’analisi genica spesso poi rientrano in uno studio prospettico di osservazione clinica, perchè poi si valutano le due strade, chi fa la mastectomia e chi opta per fare dei controlli serrati.
L’esame attraverso cui si rileva la presenza del gene difettoso è passato dalla mutua?
A me è capitato il caso di una paziente malata di cancro alla mammella, la cui madre aveva avuto lo stesso tumore, che ha chiesto di fare un controllo sulla figlia, che era assolutamente sana, allora l’ho indirizzata all’Istituto Italiano dei Tumori per fare i controlli. In questo caso l’esame è passato dalla mutua.
Stessa cosa per l’intervento di mastectomia preventiva?
Il nostro sistema sanitario è molto diverso da quello americano dove anche la chemioterapia è a pagamento, quindi si, in Italia l’ intervento sarebbe a carico del sistema sanitario nazionale.
L’intervento di ricostruzione è fatto contestualmente alla mastectomia?
Si, in molti casi viene fatto contestualmente.
La ricostruzione fatta sua una paziente sana può avere risultati migliori rispetto a quella effettuata su una pazienta malata?
E’ più facile che la ricostruzione del seno abbia risultati migliori su una paziente sana ma si tratta comunque di una mastectomia radicale.
Quali sono gli esami da fare per una buona prevenzione su chi è portatore del gene “incriminato”?
L’esame di prevenzione è la risonanza magnetica della mammella, che ha un dettaglio migliore rispetto alla mammografia, che è sostanzialmente una radiografia.
Mentre per chi non fosse portatore del gene difettoso, cosa raccomanda?
A chi non ha casi di tumore in famiglia si suggerisce, dopo i 50 anni, di fare controlli ogni 2 anni. In Lombardia è in atto il Progetto Donna, che invita ad ogni scadenza tutte le donne tra i 50 e i 70 anni , e in alcune zone anche da prima, ad effettuare lo screening mammografico.
(Nicoletta Fusè)