La cronaca di questi giorni riporta casi che sembrano usciti più da un film dell’orrore che dalla realtà in cui viviamo. Molto spesso sono vittime le donne, che per motivi insensati vengono perseguitate o perdono la vita per mano di mariti e fidanzati, o “ex” abbandonati. A Corigliano Calabro due fidanzatini di 15 anni litigano per motivi di gelosia: dopo l’ennesimo confronto lui la accoltella e le da fuoco. Pochi giorni dopo, il 30 maggio, a Monaco di Baviera, una coppia di trentenni italiani passeggia in un parco, quando uno sconosciuto sputa addosso alla ragazza: il fidanzato cerca di ottenere una spiegazione e viene accoltellato a morte. Una violenza che si esprime con diverse facce e per un uomo che finisce in cronaca per aver difeso la propria amata, ce ne sono altri che si trasformano in carnefici, spesso accecati da una gelosia ingiustificata. Abbiamo chiesto al dott. Meluzzi, psichiatra, le origini di un sentimento così discusso e pericoloso.
Dottor Meluzzi, quando si può parlare di gelosia sana, “normale”, in un rapporto amoroso?
La gelosia è sana quando è innanzitutto bisogno di un rapporto costante, rassicurante, coerente con l’altro, ossia quando c’è una domanda di reciprocità: io ti amo, tu mi ami, io mi fido di te, tu ti fidi di me. La gelosia diventa malata quando è un desiderio di possesso unilaterale, quando io voglio possederti ma tu non vuoi essere “posseduto da me”.
E quando la gelosia è da parte di entrambi? Poi possono esserci anche delle gelosie reciproche patologiche, ma quando c’è la reciprocità è difficile che si arrivi a danni peggiori. La situazione che precede lo stalking solitamente vede una parte che vuole possedere e una che non vuole essere posseduta.
La gelosia è una prerogativa più maschile? Una volta era una prerogativa femminile, ma ora, nel quadro dell’evoluzione di genere, è diventata una prerogativa maschile: di solito la gelosia è prerogativa della parte più debole e in un rapporto di coppia in cui c’è una componente di amore ma anche di potere, c’è sempre una parte che ha più bisogno dell’altro. Tradizionalmente la parte femminile era quella più vulnerabile, oggi invece la parte meno autonoma, più dipendente, e che ha meno competenze emotive è quella maschile.
Per quale motivo la gelosia maschile si esprime molto più di quella femminile attraverso la violenza?
Perchè nella psicologia maschile c’è una tendenza al passaggio dal pensiero all’atto, quello che in psicologia viene definito “acting out”. Perchè c’è frequentemente, non sempre, nella psicologia maschile, una minore capacità di verbalizzare le emozioni, cosa alle quale le donne sono storicamente più abituate.
Può farmi un esempio? Nell”uomo la difficoltà ad esprimere le emozioni in parole si traduce in disturbi psicosomatici, dipendenze e violenza. Una donna quando è sofferente, piange e chiede aiuto, mentre un uomo è più facile che si faccia venire un infarto o si schianti con la macchina.
Questa incapacità maschile di esprimersi a parole è più un retaggio storico o un fatto biologico? Sicuramente è un fatto storico, ma c’è anche qualche tratto biologico nel maschile, che in qualche misura è sempre stato più muscolare, cacciatore. E’ uno stereotipo, ma di fatto le guerre sono state fatte dagli uomini mentre le donne hanno vissuto la maternità, l’eros in modo più sensuale.
Di fronte a situazioni di coppia in cui esiste la violenza verso la donna, ci sono anche coppie in cui l’uomo muore per difendere l’incolumità della sua compagna…
La reazione dell’uomo che viene ucciso per difendere la propria compagna è una reazione cavalleresca, classica, nobile, ma bisogna ricordarsi che per un uomo che viene ucciso c’è un uomo che lo uccide.
Chi invece lascia sfociare i suoi sentimenti in un atto di violenza verso la propria donna si può definire “innamorato”?
Sicuramente si tratta di personalità disforiche, bipolari, con una scarsa autostima, a volte con un profilo sociopatico, con l’incapacità cioè di capire le emozioni dell’altro, cosa che finisce oltre che per danneggiare la libertà altrui, per impedire a lui stesso di maturare autostima e autonomia.
Cosa si può fare per aiutare un uomo a “guarire” da una gelosia eccessiva?
Di solito bisogna partire dalle radici profonde di questo disturbo, che di solito sono legate ad un attaccamento insicuro nella prima infanzia. Quindi molto spesso le basi del disturbo sono quelle di un soggetto che non ha sperimentato relazioni affettive stabili e gratificanti e che cerca di stabilire nella sua insicurezza, un rapporto di possesso con l’oggetto del proprio desiderio. Oggetto che preferisce distruggere piuttosto che perdere.
E il tentativo di una donna che a parole, proprio perchè spesso non c’è un fondamento concreto alla gelosia, tenti di rassicurare il suo uomo, può servire a migliorare la situazione?
Solitamente non serve, specie se ci si trova di fronte ad una gelosia patologica, e anzi, i tentativi di rassicurazione razionale possono ottenere l’effetto opposto, suscitando ulteriori sospetti
Cosa suggerirebbe ad una donna che non vuole rinunciare ad una relazione con un uomo geloso in modo patologico?
Dovrebbe spingere il compagno a curarsi, cercando un aiuto terapeutico. La sola rassicurazione razionale non serve e ancora meno un ultimo incontro chiarificatore. Ricordiamoci che il 47% dei femminicidi avviene a circa due mesi dalla separazione in momenti in cui si tenta un ultimo chiarimento, e il 70% di questi omicidi avviene per mano di maschi abbandonati: sono dei numeri sconvogenti.
(Nicoletta Fusè)