C’è una questione che metterebbe in imbarazzo qualunque genitore e con la quale, più o meno consciamente, molti genitori devono fare i conti: avere un figlio prediletto.

I ricercatori dell’Università della California hanno approfondito questo tema, scoprendo che ben il 70% dei genitori preferisce un figlio all’altro (o agli altri), molto spesso il primogenito, e allo stesso tempo uno studio norvegese addirittura giustifica questa predisposizione sostenendo che il primogenito per sua natura ha spesso un quoziente intellettivo superiore e un fisico più forte.



Può tuttavia succedere, come in natura capita nelle nidiate, che il genitore sia più legato al figlio problematico, più indifeso e bisognoso di attenzioni. 

Le variabili che influiscono sul complesso rapporto genitore- figlio sono potenzialmente infinite: ci sono figli cercati e figli non voluti, figli arrivati in un momento di benessere economico o in un momento di crisi, figli che possono ricordare persone amate o persone poco amate. E’ certo che quasi in tutti i casi, proprio per le mille variabili che entrano in gioco, il tipo di amore che si riserva i figli è quasi sempre diverso “qualitativamente”, ma non per forza “quantitativamente”, il che si può tradurre in preferenze inconsce e in sentimenti di rivalità tra fratelli. 



Lo sforzo stesso da parte del genitore di essere imparziale coi figli e fare con tutti le stesse cose può essere il sintomo di una forzatura, del tentativo di negare l’istinto a considerare in modo diverso gli “eredi”. 

E se è vero che esiste la “sindrome dello sfavorito” (Less favored status), che espone a sentimenti e vissuti di inadeguatezza molto difficili da cancellare anche in età adulta, non sempre essere considerato il più intelligente, responsabile, insomma, in gamba della famiglia sia solo un privilegio, poiché l’altro lato della medaglia è il carico di aspettative elevate e un’”adultizzazione” precoce: essere abituati ad essere il migliore può non essere facile, specie in gioventù, fuori dal contesto familiare.