Viviamo tempi davvero curiosi, e anche pericolosi. Curiosi perché ad ogni secondo possiamo essere informati, grazie a internet, di tutte le cose, i fatti, le notizie, gli argomenti, dai più interessanti ai più assurdi. Pericolosi perché basta un nulla a minoranze rumorose per riuscire a dettare l’agenda ai social media e ai mass media, riuscendo pure a imporre e stabilire cosa è politically correct e cosa no. E così, da un po’ di tempo, assistiamo ad un costante dileggio da parte dei nuovi bempensanti nei riguardi di chi ritiene che la famiglia naturale – quella preposta alla propagazione della specie – sia quella composta da un uomo e da una donna. Anzi, risulta pure che ci sia un progetto di legge italiano che vorrebbe abolire questa definizione, e addirittura multare i giornalisti che ne facessero uso. Per lo meno curioso, no?



Ma intanto i francesi, come al solito, si portano più avanti, e decidono di depennare dal Codice Civile la antica allocuzione della “diligenza del buon padre di famiglia”, proveniente dal diritto romano, perché troppo “maschilista”. Meno male che proprio sulla 27° Ora, blog intelligentemente femminista, leggiamo un lucido post di Elena Cantarella, che termina così: “Ben venga dunque qualunque iniziativa volta a sfatare la visione ideologica della sua immagine e di una famiglia romana serena e priva di tensioni: la libertà, il rispetto degli altri e l’armonia non abitavano quella famiglia. Ma detto questo, cancellare l’espressione tecnico-giuridica «buon padre di famiglia» è qualcosa che se da un lato può soddisfare la giusta esigenza di un linguaggio meno sessista, dall’altro cancella una lunga storia della quale possiamo e dobbiamo essere fieri.” E meno male che i commenti al post di molte donne sottolineano quasi tutti che quella frase sottintendeva un concetto giuridico astratto di prudenza nell’amministrare, senza alludere più ad un concetto discriminatorio delle donne.



Ma la minoranza rumorosa e relativista non demorde, e così qua e là fioccano anche i commenti su un videoclip che la Procter & Gamble ha voluto dedicare alle mamme degli atleti in occasione delle Olimpiadi di Sotchi. Lo spot è oggettivamente commovente, ed è molto simile ad un altro, sempre della P&G, ideato e prodotto per sottolineare il fondamentale e assai spesso eroico contributo dato dalle mamme alla crescita dei figli. In quello di Sotchi si mette in risalto quanto sia importante la presenza della madre nei primi passi, nell’alimentazione, nell’educazione, e poi nell’aiutare i figli ad affrontare le mille difficoltà, le delusioni, gli ostacoli piccoli e grandi che si incontrano nel fare sport e nell’intraprendere la carriera agonistica.



Il video sottolinea l’importanza della presenza della mamma sia nei momenti difficili che nella condivisione di quelli felici, che fanno dire ad atleti ed atlete un riconoscente “Per averci insegnato che ogni caduta ci rende più forti, grazie di cuore mamma”. Come dicevamo, sulla rete non mancano i giudizi aggressivi dei sostenitori della famiglia “moderna”, che non tollerano la celebrazione della donna come madre per antonomasia, e mettono in guardia dal fatto che oltre tutto si tratta di una celebrazione “interessata”, in quanto firmata da una multinazionale come la P&G e da tutti i suoi marchi destinati alle donne. Anche in questo caso, se andiamo a contare i post a favore dell’operazione di comunicazione, si può notare che sono la grande maggioranza, il che è essai rilevante in quanto è noto che, proprio sul web, la maggioranza in genere rimane silenziosa. Evidentemente è un bel segno di consapevolezza e di maturità.

C’è pure chi entra nel merito della questione “pubblicitaria”, e serenamente scrive: “Embè? Se un’azienda con interessi commerciali esprime e diffonde un concetto vero e sano, che problema c’è?”. Dice un’altra: “Ci lamentiamo tanto delle pubblicità offensive dell’immagine della donna, e quando ce n’è una che riconosce il giusto e generoso contributo delle donne la dobbiamo criticare?”. Difficile non essere d’accordo. Molti giudicano lo spot “sinceramente commovente”, il che è dovuto al fatto che la grande maestria dell’esecuzione ha reso ogni scena vera, emozionante, reale, senza alcun riferimento alle famigliole stereotipate che ogni tanto ancora si vedono e che proprio per quello suonano “fase”. Certamente c’è l’intento di parlare al cuore di quella parte di pubblico (le donne) che alla fine costituiscono il nutrito plotone delle “responsabili acquisti”, e trarne dei vantaggi di simpatia e buona reputazione…ma se la battaglia pubblicitaria si spostasse su questi fronti, ci sarebbe solo da guadagnare. Solo un post conteneva una osservazione molto azzeccata: “E i padri dove sono?”.

Già. Evidentemente, con l’obiettivo di celebrare la mamma, la presenza dei padri, “tecnicamente”, avrebbe potuto creare qualche problema. Anche se è vero che, nella realtà, sono quasi sempre le mamme e essere presenti nei momenti descritti. Giriamo quindi l’osservazione alla P&G: visto che il 2014 sarà l’anno europeo della Conciliazione dei tempi, ecco un nuovo interessante tema per un prossimo spot sulla parità di genere.