Se la moglie si accorge che da tempo il marito ha un altro rapporto con l’altra – una donna matura, sposata e dalla quale lui non riesce proprio a separarsi – ora potrebbero esserci tutti i presupposti per il ricorso all’annullamento del matrimonio. Ma solo se l’altra è la madre. È stato il monsignor Paolo Rigon, vicario giudiziale per il tribunale Ecclesiastico, a puntare il dito contro l’invadenza dei genitori nella vita delle giovani coppie. Al punto che il mammismo ora fa la sua comparsa nei gravi motivi che possono portare per la Chiesa all’annullamento. La dipendenza psicologica – più sovente manifestata nel figlio maschio nei confronti della madre, ma non si esclude il contrario – ridurrebbe infatti la vita di coppia a  un simulacro, un involucro vuoto.



Per un attimo, la dipendenza patologica mi apre scenari inquietanti. Se infatti essa comporta l’incapacità di prendere decisioni autonomamente (e nemmeno con la moglie), io posso senz’altro affermare che mio marito ha una gravissima dipendenza morbosa da iPad. Se lo porta in macchina, il bagno (laddove nemmeno io entro) e ça va sans dire, fra le lenzuola. Affida ai risultati dei brain-games l’accrescimento della sua autostima e non procede al minimo acquisto se prima non ha consultato i forum di riferimento, i punteggi utente, le recensioni cliente… Ma, io per questo non mi sogno di chiedere l’annullamento, se non – a un certo punto – quello del contratto sulla fibra-veloce. E comunque, quattordici anni fa l’iPad non esisteva, e dunque non sussisterebbero i presupposti….   



Ieri come oggi esistono invece i mammo-dipendenti, tanto che raccogliere qualche confessione a riguardo non è stato difficile. La vicina trentenne: “Una settimana fa, ho fatto i salti mortali tra asili-nidi e baby-sitter per andarlo a prendere all’aeroporto da una trasferta di cinque giorni… Insomma, una sorpresa… E cosa succede? Me lo ritrovo accucciato sul trolley assorto a ragguagliare la madre sulla temperatura del pasticcio di pollo servito sull’aereo. “Un bacetto, caro?” – “Un attimo, mamma vuole sapere la data di scadenza del succo d’arancia. Dammi tempo, poi sono da te”. 



L’amica del liceo: “Non parliamo dell’Ikea: l’ultima volta, Carlo ha avuto bisogno dell’approvazione di mia suocera per scegliere il set di asciugamani destinato al bagno degli ospiti. Guai se l’occhio materno – che ti assicuro è d’un presbite da non distinguere l’insegna del McDonald da quella della Metro – mal vedesse il coordinamento tra la nuance della spugna e la sfumatura del nostro gres porcellanato!”

La sorella di mia cognata: “Esselunga. Ora di punta. Mentre son lì che mi trascino il carrello per tutta la corsia delle acque minerali, lui si pianta in pieno corridoio col suo bel cellulare in mano: deve consultare la madre-oracolo per sapere dove diamine hanno spostato il bicarbonato e la carta-forno; e quando mamma-Siri prontamente gli risponde sulle corrette ubicazioni, nell’intimo io spero  almeno una cosa: che – quando si consultano sulle posizioni – questo sia il massimo laddove mio marito arriva a spingersi”.

Quella dipinta a grandi linee è più o meno la fenomenologia del mammone, nell’accezione di colui che mette la madre dappertutto, come il sale sulla tavola.Ora, senza voler nulla togliere alle sue colpevolezze, non sarebbe nemmeno leale trascurare le manchevolezze degli altri due soggetti della partita. Il primo è la madre, che se non vuole vedersi rispedire a casa il suo bambino come una busta mal indirizzata, dovrà prendersi le sue responsabilità: tagliare innanzitutto quel deteriorato cordone ombelicale col figlio, prima la cancrena vada a intaccare gli organi più giovani, in primis la famiglia che ora il ragazzo ha sulle spalle.

L’altro soggetto coinvolto è il partner. Qui, bisogna saper ben distinguere caso per caso: se davvero i due vivono un rapporto coniugale propriamente patologico – in cui un partner è messo da parte per non adombrare la suocera – sono pienamente d’accordo sul ricorso a misure drastiche.  Al giorno d’oggi, sono – ahimè – tante le persone che contraggono il matrimonio in leggerezza, e quindi son persuasa che in taluni frangenti ci siano state delle precondizioni ostative che sono state mal giudicate. Ma, mi viene un dubbio: non c’è forse il rischio che la non-validità del matrimonio possa insinuarsi subdolamente anche in chi è semplicemente “stanco” di un rapporto in realtà nato e cresciuto in sana e robusta costituzione? Motivi come il mammismo, non potrebbero essere usati come pretesto per sottrarsi all’impegno del matrimonio? Il rischio che via via le coppie abbassino l’asticella della reciproca sopportazione, c’è.        

Tornando ai mammoni, una domanda viene spontanea farsela: perché mai si sono sposati? Perché a un certo punto si sono donati a un’altra persona, se non avevano piena consapevolezza e libertà nel fare quella scelta? L’unica risposta che mi viene da formulare è che sia stata la mamma a ordinarglielo. Salvo poi sottovalutarne le conseguenze.