Multato, non per eccesso di velocità, ma di tolleranza. E’ quel che è successo di recente a un giovane marito: ha ricevuto una contravvenzione perché sorpreso a far guidare la moglie. Sarebbe potuto accadere a chiunque in Arabia Saudita: l’unico Paese al mondo dove le donne non hanno il diritto di guidare a causa di una rigidissima interpretazione del Corano. Questo divieto sussiste non tanto perché le donne non ne sono capaci, bensì perché – se lo facessero – chissà di cosa sarebbero capaci..
Lì per lì, considerando la discriminazione, ho pensato: oibò, un freno a mano non indifferente per la nostra indipendenza di donne. Come farei se da un giorno all’altro non potessi più mettermi alla guida e dovesse accompagnarmi lui in qualunque posto io volessi andare? Come giustificare quindici visite al mese al centro commerciale? Tre dal parrucchiere? Quegli otto aperitivi prima del suo rientro…
Poi però, a ragionarci bene, mi son detta: perché no? Per assurdo, il divieto di toccare il volante potrebbe essere una marcia in più. Per cominciare: il gesto di farsi aprir la portiera dal proprio principe ogni volta che si sale in auto vale ben più di un barile di petrolio. Per non parlare di lasciare a lui il rocambolesco compito di parcheggiare a tetris in Corso Buenos Aires il sabato pomeriggio. Da ultimo, non sottovalutiamo neppure cosa significa arrivare sottocasa dall’Esselunga e non trovarsi sole davanti ad almeno dodici sacchetti nel baule retrostante da scaricare…
Il punto però è che per permetterci lo shopping in Corso Buenos Aires tutti i santi sabati, il nostro lui dovrebbe ogni tanto lavorare e quindi il compito di guidarci per la città sarebbe affidato a un autista preposto ad hoc. Un’altra persona. Il chè peraltro è abbastanza bizzarro, perché proprio in Arabia Saudita, le strutture sono concepite in modo da separare il più possibile i due sessi e limitare – dalle casse nei negozi, ai tavolini degli Starbucks – le occasioni di promiscuità. Tuttavia, pur di controllare la consorte, il maschio alfa saudita è eccezionalmente disposto a cedere la prossimità della sposa a un altro uomo. Ovviamente un soggetto fidato: che tenga le mani a posto (dritte sul volante) e niente sbandate.
Eppure, anche l’onore di un simile servigio a noi donne occidentali starebbe stretto più di una cintura di sicurezza. Ci sentiremmo stritolare. Sì, perché la macchina ci serve. Per buoni scopi, s’intende.
Ma ci sono le eccezioni, e allora non ci si può più fidare. Se si corre in ospedale ad esempio, chi assicura il marito che sia per far radiografare il ginocchio del figlio caduto dalla bici e non per abortire? O se si trascorre un sabato pomeriggio al Park Plaza, come esser certi che sia per il matrimonio della nostra migliore amica e non piuttosto per il divorzio del suo migliore amico?
La verità è che entrambi noi – moglie e marito – spesso esigiamo i mezzi per andare dove vogliamo da soli, perché in fondo non siamo disposti a decidere limpidamente dove vogliamo andare insieme.
Se poi in taluni casi si corre il rischio di ‘perdersi’ (per corridoi d’ospedali, di hotel ma non solo), allora non sarebbe forse meglio essere dotate di un signor navigatore che ci conduca sulla retta via fin da principio? Certo, se poi l’ufficiale di rotta fosse il nostro sposo, ancor meglio. Peraltro con un vantaggio non marginale: se fosse sempre lui a decidere per entrambi che strada imboccare, si accollerebbe lui anche tutta la responsabilità della scelta.
Insomma signore mie, se ci mettessimo sedute comode per una volta? Visto che non abbiamo ancor ricevuto il divieto di cucinare, ogni tanto godiamoci la corsa…