La genetica si è cacciata negli affari di cuore. No, stavolta la scienza non ha riconfermato la già nota ereditarietà dell’infarto, ma ha scoperto qualcosa di nuovo: che le persone tendono a sposare chi ha un corredo genetico affine. Sono questi i risultati di uno studio della University of Colorado Boulder: gli individui hanno maggiore probabilità di sposare quelli che hanno un DNA simile al loro.
Subito l’ho presa una buona notizia, se non altro perché prova che con mio marito ho un legame ulteriore, oltre alle ‘consuete’ ragioni per cui ci si sposa. Se sono tanto sensibile alla cosa è perché lui ha sempre dichiarato di avermi sposato per interesse. “Al giorno d’oggi” sostiene “un matrimonio di convenienza è uno dei più solidi che possano esserci. Quando, trent’anni dopo le nozze, chiedi a un uomo perché sta ancora insieme a sua moglie quasi nessuno sa più cosa risponderti. Se invece l’unione è basata sull’utilità economica, il motivo resta sempre chiaro”. E io che ho sempre pensato che il matrimonio d’interesse fosse qualcosa che riguardava lo sport e la televisione, la neve e il caminetto, il barbera e il parmigiano…
Pertanto, apprendere che – oltre al tornaconto – ciò che ci accomuna è anche una base biologica di primo acchito mi ha rincuorata; tanto più che il DNA è qualcosa di persistente che non se ne va via con una strisciata di carta di credito.
Ma, pensandoci bene, mi viene da mettere in discussione l’intera faccenda. Il succo della nuova ricerca si riduce infatti al vecchio detto ‘Chi si somiglia, si piglia’. Io però ho sempre fatto il tifo per il motto contrario: ‘Poli opposti si attraggono’. Sì, perché i poli opposti sbaruffano, litigano, s’acciuffano. Ed è confortante – dopo che ci si è scannati sulla destinazione mare-montagna delle prossime vacanze – sapere che è proprio all’origine di questa schermaglia che si basa l’attrazione. Immaginare che nel bilocale sul lago ritroveremo la nostra forza d’attrazione gravitazionale incentiva non poco, soprattutto quando devi preparare le valigie per cinque persone nella notte tra il sei e il sette di agosto.
Piuttosto, sono i single in cerca dell’anima gemella che dovrebbero esprimere una posizione su questa scoperta, gravida d’informazioni più di un cromosoma. Ora, per esempio, una promessa sposa – in preda ai dubbi di metà fidanzamento – potrebbe esigere dal fidanzato un bel test del DNA, così da fare i confronti del caso. A questo punto, davanti alla sua richiesta ci saranno due possibilità: o il suo lui si sgomenta – interpretandolo come un improvviso test di paternità per gravidanza a sorpresa – e manda tutto all’aria come un castello di carte. Oppure, il beneamato si sottopone al test con mansuetudine, sperando che madre natura lo abbia dotato di un corredo sufficientemente compatibile con la sua innamorata. Del resto l’esame ha un prezzo sostenibile: certo, costa più di un test-d’affinità online, ma pur sempre meno di un anello di fidanzamento.
Sempre che il principio di similitudine non sia già stata sfruttato dalla madre della futura sposa. La novità potrebbe infatti spianare la strada a uno stuolo di suocere, che – alla ricerca del genero perfetto – sarebbero capaci di far replicare il DNA delle loro pupattole per far trovar loro – una volta cresciute – un marito geneticamente modificato nel sangue, ma garantito sulla carta.
Esasperazioni a parte, il dubbio resta: se anche nella scelta di un compagno per la vita riduciamo tutto a una questione di DNA, allora l’amore non conta più nulla? Certo, delegare la verifica di una relazione a un esame di laboratorio è assai comodo.
Io però sono ben contenta di aver preso la decisione di decollare e prendere il volo insieme al mio consorte, senza aspettare il benestare della doppia elica.
Anche perché la proprietà transitiva dell’analogia è impietosa: e – a voler esser proprio sincera – se quindici anni fa avessi saputo di aver dentro lo stesso DNA di mia suocera, mi sarei inquietata non poco….