Che i figli non sono esattamente quei piccoli Lord vagheggiati nei nove mesi di gestazione, ce se ne accorge abbastanza in fretta. Eppure davanti a certi comportamenti – più o meno discutibili – può capitare di difenderli a spada tratta. Si comincia per caso. E, tanto è l’inclinazione naturale di una madre alla protezione, che l’iniziazione può avvenire anche coi figli altrui. Il mascalzone in oggetto aveva da poco cinque anni e quel giorno aveva sfoderato parecchia sfrontatezza: sbicchierate di coca-cola sul tappeto, ripetuti affondi su stinchi altrui, distruzioni in massa di delicate costruzioni in cartapesta… Aveva dunque superato il limite consentito anche alla creatura più maldestra, ma quando la mamma è venuta a riprenderselo alle sei di sera, le ho risposto placida: ‘Tommy? Come si è comportato? Oh, è stato un vero tesoro!’.



A quell’età, si difende un birbantello per almeno due ragioni: un po’ per buona creanza, e un po’ per esorcizzare il fatto che domani possa capitare col proprio figlio. Ma a un certo punto ci si trova dall’altra parte della barricata: esser genitori di piccoli bricconi prima o poi tocca a tutti.

Stavolta il ragazzino furfantello di anni ne ha dieci ed è proprio il mio, non si scappa. Siamo arrivati da poco nell’appartamento di vacanza in collina e lui inizia a pestare sul divano come se i cuscini fossero tasti di pianoforte. Sarà stato quello, o gli strillati canti di montagna, fatto sta che la vicina di sotto arriva presto a scampanellare su alla nostra porta le sue brave lamentele: ‘Potete fare più piano? Mia figlia non riesce a fare i compiti’. E noi – che dentro quel mia-figlia-ecc…. leggiamo subito un confronto educativo tra pargoli che non ci lascia nemmeno il fiato per rispondere – abbassiamo subito le orecchie:



‘Certo certo, mi dispiace. Dirò a mio figlio di calmarsi; lei ha proprio ragione…’. Scelgo insomma di non difenderlo. La lagnanza del resto ci può anche stare. E poi in fondo, lo spauracchio improvviso della madre-nevrotica ci fa pure comodo: è un ottimo deterrente per i prossimi dieci giorni.

Ma passeranno altri cinque anni: presto il ragazzo farà le superiori e forse allora prendersela col divano non basterà più. Forse cercherà un compagno con cui accanirsi, magari in gruppo, magari durante una gita quando la guardia di vigilanza sarà più bassa. Dio non voglia, ma potrei esser chiamata anche io in causa, in quanto madre di un responsabile di bullismo da caserma. E qui, rispetto alle bravate puerili, qualcosa cambierebbe.



Già, perché quando ragazzi ormai di una certa età vengono a ragione accusati di atti irrispettosi verso un qualche ‘amico’, e si punta il dito contro di loro (lo fa la preside, l’opinione pubblica, gli altri come noi), il genitore di chi ha fatto la bravata si sente colpito più che mai nel vivo. Io, almeno, mi sentirei puntare l’indice addosso al pari mio rampollo scapestrato. Per questo credo che anche io sarei tentata di minimizzare l’accaduto, proprio come è successo ad esempio nell’ultimo episodio di bullismo in una scuola di Cuneo. Da genitore vedrei una mela che da segni di marcio e guarderei a me come a quell’albero che l’ha generata: una madre vede riflesse nelle colpe del figlio tutto il suo fallimento di genitore. Per questo sarei stimolata a difenderlo. Ma vi prego, se mai dovesse capitare a me, fate in modo che desista, per almeno due motivi: in fondo so entrambi i soggetti – genitori e figli – si perderebbero qualcosa. E non è solo la dignità.

Un figlio – se sgravato delle colpe di cui si è imbrattato – ci rimette l’opportunità di crescere, di prendersi le proprie responsabilità e di imparare la differenza fra lo scherzo e il rispetto. Mentre un genitore che minimizza e pretende di metter tutto a zittir in fretta, si perde l’opportunità di correggere il tiro, di giudicare un fatto grave insieme al figlio, ma soprattutto ci rimette l’occasione di perdonare.

A leggere certi fatti di bullismo, oggi si vedono sempre più genitori insicuri che cercano di sollevare ogni colpa dalle spalle dei figli. Poi certo, nella storia ci sono le eccezioni. C’è pure stato Qualcuno che ha caricato sulle spalle del proprio Figlio le colpe di tutti gli altri. Per regalare a tutti l’eccezionale opportunità di salvarsi: padri, madri, figli, bulli, nessuno escluso.