Il 2 giugno in auto, sola con mio marito e John Coltrane, stavo iniziando a godermi la prima di sei ore completamente childfree. Destinazione: una chiesetta suggestiva e una festa in villa per un matrimonio sul lago di Como. Niente figli, molti amici e tutta la voglia di spegnere il cervello senza pensare a domani… E mentre ero lì, concentrata a chiedermi se fosse meglio tenere o levare l’occhiale da sole nel caso fossi inciampata per caso in George Clooney, prontamente un sms dalla redazione del giornale mi portava alla realtà.
Mi chiedevano di scrivere un articolo su di un certo argomento. Ecco che l’idea di spegnere il cervello per le ore successive è annegata in un attimo appena sopra quel ramo del lago di Como. Ma prima che mi incalzassero domandandomi per quando sarei riuscita a mandarlo, ho giocato d’anticipo e avvertito subito che l’indomani sarebbe stato il terzultimo giorno di scuola dei figli.
“Non so se mi spiego” credo d’aver digitato sul display. Ter-zul-ti-mo giorno di scuola.
Come si dice – a buon intenditor poche parole. Insomma, tra un tornante e l’altro a fronte lago, ho evitato di vomitare addosso al caporedattore i dettagli, ma gli ho lasciato intendere quel che può voler dire per una plurimamma essere agli sgoccioli dell’anno scolastico.
E qui – ogni madre – può stilare al volo una lista di impegni da far impallidire il numero di piatti a un pranzo di nozze: la preparazione di svariate torte salate (rigorosamente a tema) per ciascuna festa di classe, il saggio di danza/di coro/di clavicembalo/di cornamusa…, la pizzata del basket, l’aperitivo dello yoga, il brunch col catechismo; i compleanni degli ott-enni (ad agosto) che anticipano la festa di due mesi. Il tutto condito da orari scolastici ridotti all’osso ed e-mail che ci informano che ‘No, ci spiace signora, ma il summer camp gioco-city per le ultime due settimane di giugno è già tutto pieno…’. E nel bel mezzo del tornado estivo, guai a dimenticarsi di passare per il ritiro delle foto della prima Comunione, dal fiorista per il bouquet alla maestra, e – già che ci siamo – dal commercialista per la denuncia.
Questo è quel che lascio intendere mi aspetti a chi è dall’altra parte del telefono. Quello che invece gli taccio è l’altro pezzo di storia: e cioè che in realtà quest’anno la torta salata la preparerà direttamente la figlia di mezzo; che non importa se resto ‘scoperta’ per qualche giorno sul camp-estivo, tanto ormai il figlio-grande è abbastanza grande per restare a casa un po’ da solo; e la pizzata serale a esser sincere è solo per i ragazzini del corso. Non glielo confesso perché in fondo non lo voglio ammettere innanzitutto a me stessa: che man mano che i fanciulli diventan grandi, gli impegni si diradano e noi supermamme rischiamo – anno dopo anno – di sentirci sempre meno necessarie. Ogni giugno, puntuali come le tasse, lamentiamo la sfida organizzativa che ci aspetta prima della promozione; ma in fondo ci piace pensarci sempre e comunque protagoniste di una corsa ad ostacoli, funambole in bilico sul filo di quel cordone ombelicale che ci lega ai nostri figli. Continuamente combattute fra il volerci sentire da un lato finalmente un po’ più libere, dall’altro comunque efficienti e soprattutto indispensabili.
Siamo quelle madri che stanno maturando come il grano. Quelle che – prima o poi, col tempo improvvisamente libero – organizzeranno anche la tombolata di mezz’estate.
E certo che ci faremo star dentro anche l’articolo della sera, ci mancherebbe (ciascuna di noi ha il suo articolo tra capo e collo da stendere, foss’anche solo un bucato in più). Anzi, grazie di avermelo chiesto: adesso posso dir di dover correre per davvero.