Cucinare è un’attività quotidiana, molto ricca di significati affettivi. Chi prepara da mangiare aspettando i suoi cari di ritorno dal lavoro o dalla scuola non prescinde dai gusti dei componenti della sua famiglia, li asseconda, cerca di indovinarne i desideri. Anche con poco è possibile mettere in tavola qualcosa che nutra e dia piacere: l’ingrediente principale è quell’attenzione agli altri che rivela il clima della vita famigliare o di un gruppo di amici.



In cucina anziché chiudersi pare che il mondo si spalanchi. I prodotti della terra, del mare e dell’attività dell’uomo, dell’agricoltore, della pesca, del negoziante, dispiegano tutta la  ricchezza e la varietà della natura. Ortaggi e frutta, se sono guardati un attimo prima di pulirli, quasi a prescindere dal loro uso, si rivelano come cose uniche. Nessuno è uguale preciso all’altro, quasi che la natura non abbia voluto ripetersi in modo meccanico, ma si sia data da fare anche con la fantasia. La sua attività dà vita a molteplici forme; non a caso Virgilio nelle Georgiche parla di “daedala tellus”, di terra operosa. Perciò è facile cucinando che il pensiero vada all’autore di tutto ciò che serve per preparare un pranzo o una cena. Non a caso il lavoro manuale è quello che più viene raccomandato nella vita monastica, perché favorisce la preghiera, l’offerta e l’unione con il creato nella lode di Dio.



Un altro elemento presente in cucina è quello del tempo; non solo perché bisogna stare attenti alla cottura, ma anche perché è facile ricordare l’impostazione imparata da chi preparava pranzi e cene quando eravamo bambini e ci chiamava ad aiutare, con le operazioni più semplici come lavare verdura e frutta, grattugiare il formaggio. E intanto si imparavano anche le cose basilari: il riso che deve cuocere svelto e scoperto, il sale che deve essere aggiunto quando l’acqua bolle, l’olio che deve cantare. Fino a raggiungere i piatti più impegnativi, come ravioli e tortellini: ogni casa ha la sua ricetta, l’ingrediente segreto che lo rende unico e appartiene un po’ alle tradizioni di famiglia. E allora il pensiero corre a chi ci ha preceduto, ci ha fatto crescere anche insegnando come stare in cucina, la pulizia e l’ordine che devono regnare nell’apparente confusione di tanti ingredienti da mescolare e di tante azioni da coordinare. Così nei gesti più ripetitivi è possibile accorgersi di partecipare al grande lavoro degli uomini di ogni tempo e ringraziare per l’occasione offerta di partecipare all’opera di chi è fuori casa e presto tornerà e siederà a tavola affaticato e poi contento.



“Il Padre mio è l’eterno lavoratore — diceva Gesù — e anch’io opero”. Colui che dà a ciascuno l’energia per eseguire il suo compito sostiene e accompagna ogni espressione umana, da quella più complessa come scrutare l’universo e verificare le onde gravitazionali, a quella in apparenza più banale, come tritare il prezzemolo.