Martina Colombari, attrice ed ex Miss Italia, e Oscar di Montigny, Chief Innovation, Sustainability & Value Strategy Manager per Banca Mediolanum, sono stati protagonisti di una serie di incontri a Villa Miralago, nota clinica varesina specializzata nel trattamento di persone con disturbi alimentari. Siamo andati a incontrarli per comprendere meglio cosa spinge due personaggi noti e di successo come loro a stare a contatto con persone come gli ospiti di una clinica. Dal confronto con loro è nato un dialogo personale su temi fondamentali come il valore della sofferenza, del lavoro su di sé e del volontariato.



Che cosa accomuna due personaggi come voi a un luogo come Villa Miralago?

Martina: Sono venuta a sapere dell’esistenza di Villa Miralago tramite una trasmissione televisiva ed è stato quasi naturale interessarmi a questo centro e alle sue attività nella cura dei disturbi alimentari. Ho avuto la splendida occasione di incontrare le ragazze e di portare loro la mia esperienza di vita, declinata secondo tematiche che potessero riguardare loro in primis. Ho cercato di creare con loro un ambiente intimo (ci siamo addirittura sedute per terra!) e sono state loro a raccontarsi a me. Mi hanno chiesto consigli e risposte a domande davvero impegnative, cosa che mi ha fatta sentire una di loro. Durante questo incontro ho portato con me il libro di Oscar (Il tempo dei nuovi eroi, Mondadori) per leggere loro degli estratti a mio avviso significativi sulla sofferenza e sul dolore. Proprio a motivo del grande successo riscosso da questa lettura, mi sono permessa di invitare Oscar a un incontro successivo.



Oscar: È stato un incontro intenso, mi sono sentito accolto, ma allo stesso tempo “investigato” dal pubblico. È stato come guardarsi allo specchio: un costante esame con me stesso. Sebbene io abbia parlato davanti a platee numerose ed eterogenee, questa esperienza è stata nuova e davvero molto significativa.

Com’è stato l’approccio delle ragazze con un manager importante come Oscar?

Oscar: non mi sono, ovviamente, presentato nei panni del manager, dal momento che sono stato invitato come autore di un libro. Il quale in effetti vuole proporsi come una suggestione, una provocazione volta a dare un senso più profondo alla quotidianità, percepita troppo spesso come banale e scontata. Abbiamo tutti la nostra personale prigione, fatta di condizionamenti e convinzioni: per questo ritengo che le persone che hanno avuto percorsi di vita più difficili rappresentino un dono inestimabile per l’umanità. Dopotutto, è il buio che ci permette di vedere le stelle. 



Le persone, soprattutto quelle che sperimentano forti sofferenze, sono specchi per chi le osserva: specchiandovi in queste ragazze, cosa avete scoperto di voi? 

Martina: So di non essere lucida nei momenti di difficoltà e tendo a ingigantire i problemi e a considerarli insormontabili. Questo perché non do alla vita il giusto valore: le difficoltà sono la normalità nella vita, servono momenti critici da cui ripartire. Per questo non possono e non devono distoglierci dalle nostre responsabilità e dalla nostra consapevolezza.

Oscar: Lo specchio è un’unità di misura e in quanto tale non mente. Per questo è importante andare a cercarsi degli specchi, perché sono gli unici in grado di ricordarci che esiste una versione migliore di noi che dobbiamo inseguire. L’incontro a Villa Miralago è stato l’occasione per ricordarmi da dove vengo, dove voglio andare e qual è il mio valore oggi. Il confronto, dopotutto, è sempre tra ciò che sei e che potresti essere.

Sono sempre di più i giovani che scelgono di fare volontariato, anche a Villa Miralago: in che modo questa è un’esperienza che arricchisce?

Oscar: È arrivato il momento di rimettere i valori al centro della nostra vita. Siamo diventati avidi e desiderosi di accumulare incessantemente beni. Quando guardo le ragazze di Villa Miralago vedo persone che stanno inseguendo immagini e miti proprio come li sto inseguendo io e chiunque altro al mondo. Per questo dobbiamo rimettere al centro un senso che contempli, necessariamente, il benessere dell’insieme. Non può più esistere un senso correlato solo al sé.

Martina: Guardare la sofferenza degli altri fa scaturire in me una forte energia. A volte ho la sensazione di non servire a niente, non mi sento completa se non riesco a rendermi utile per gli altri, è come se mi mancasse un tassello: aiutare gli altri mi completa, dà un senso alla mia vita.

Martina, cosa hai scoperto di Oscar, vedendolo in azione? E Oscar, cosa hai scoperto di Martina?

Martina: Oscar si dona molto, volendo davvero poco in cambio. Fin dal nostro primo incontro al carcere di Bollate ho sentito che mi aveva aperto una porta, che mi aveva dato gli strumenti per indagare cose di me che prima ignoravo, o non sapevo accettare.

Oscar: Martina ascolta e studia tanto. Studiare è una qualità rara: non si tratta di acquisire una conoscenza fine a se stessa, ma è un’attitudine. È sapersi mettere in discussione.

(Luca Brambilla)