Si chiama “kintsugi” quell’antica arte giapponese, sembra risalente al 1400, di riparare un oggetto rotto con l’oro. Se si rompe un vaso o una tazza, ad esempio, invece di buttarle via come facciamo noi occidentali o aggiustarla cercando di ricoprire il più possibile i segni della spaccatura, si rimettono insieme i pezzi incollandoli tra loro, si procede al processo di laccatura e infine si ricopre tutto con polvere d’oro. In questo modo l’oggetto viene riparato ma i segni delle spaccature restano ben visibili. Dietro a questo c’è un concetto filosofico che si applica anche al corpo e alla mente umane: non nascondere le ferite, ma metterle in evidenza. Perché, come diceva il grande cantautore e poeta Leonard Cohen, “è attraverso le ferite che passa la luce”. Non bisogna nascondersi né vergognarsi delle proprie debolezze, perché esse ci rendono grandi. E’ quello che fa Gioia Di Biagio, come racconta nella sua biografia appena pubblicata, colpita da una malattia rara e gravissima, la sindrome di Ehlers Danlos. Essa rende pelle e corpo fragilissimi, si lacera con estrema facilità, come fosse seta, e lascia ferite piccole e indelebili. Lei le copre di polvere d’oro rendendo il suo corpo quasi un’opera d’arte.
USCIRE DAL BUIO
La malattia l’ha sempre perseguitata ma le è stata diagnosticata a 7 anni di età: “Ero super delicata, mi facevo spesso male così i miei genitori, preoccupati, mi hanno portata a fare controlli. Sono stata abbastanza fortunata perché molte persone con malattie rare non riescono neppure a dare un nome alla loro patologia. Ed è anche frustrante, i medici ti prendono per ipocondriaco quando racconti dolori e difficoltà. La sindrome di cui soffro è una collagenopatia caratterizzata da fragilità e lassità dei tessuti interni ed esterni. Anche una piccola contusione può provocarmi una ferita. Da piccola non potevo correre o andare in bicicletta” racconta. Una infanzia difficile, sentirsi diversi dagli altri, poi crescendo impara a convivere con tutto questo: “Oggi combatto con il mal di schiena e la stanchezza cronica, spesso mi lusso le spalle, una volta mi è capitato mentre dormivo!”. La sostengono la sorella e il marito, che per lei è diventato terapista shiatsu: “Non per forza per sensibilizzare su malattie bisogna essere drammatici o fare i piagnoni – racconta – . Le difficoltà ci sono, io e tanti altri lottiamo per poter vivere meglio. Vivendo esperienze molto dure però si capisce molto di più il valore della vita. Quando conosci il buio la luce la ami di più”.