Tra i tanti fondi e fondini che il Decreto agosto prevede c’è un nuovo fondo casalinghe (plafond pari a 3 milioni di euro annuali dal 2020) da destinare a corsi di formazione “ammantati da una specificità che fa sorridere”: volti ad incrementare le opportunità culturali e l’inclusione sociale delle donne che svolgono attività nell’ambito domestico, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone e dell’ambiente domestico, iscritte all’Assicurazione obbligatoria.
Alcune considerazioni sono d’obbligo. Secondo l’ultima rilevazione Istat, le casalinghe in Italia sono 7 milioni e 400 mila. In media, quindi, potranno avere 40 centesimi a testa. C’è da fare chiarezza su qual è il fondo a cui si rivolge il provvedimento. Esistono infatti due fondi per le casalinghe. Uno è in capo a Inail ed è una polizza assicurativa contro gli infortuni domestici che riconosce e valorizza la tutela assicurativa delle persone, donne o uomini, che svolgono, a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione, un’attività rivolta alla cura dei componenti della famiglia e dell’ambiente in cui dimorano, in modo abituale ed esclusivo. Dal 1° marzo 2001 l’assicurazione è entrata in vigore e nell’anno 2006 è stata estesa anche ai casi di infortunio mortale, mentre la soglia di invalidità riconosciuta per gli infortuni occorsi a partire dal 1° gennaio 2007 è stata abbassata dal 33% al 27%. Il premio è annuale e non è frazionabile e dal 2019 l’importo è fissato in 24 euro annui.
Poi c’è il fondo per le persone che svolgono “lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”, gestito dall’Inps, istituito con dlgs n. 565/1996 e successive modifiche, e ha preso il posto della vecchia “Mutualità casalinghe”, una gestione storica presso l’Inps, che spende ancora e tutt’ora di più per gli affari amministrativi che per le prestazioni erogate. Il Fondo ha un comitato amministratore (composto di nove persone in rappresentanza delle associazioni di categoria) che si riunisce sì e no due volte l’anno con una spesa di 33.666 euro, di cui quasi 23.000 per il personale di segreteria (a ulteriore prova del fatto che assolutamente prevalenti sono i costi dell’apparato). Il comitato ha avanzato delle proposte migliorative per rendere più appetibile l’iscrizione, clamorosamente inascoltate, anche rispetto al patrimonio immobiliare cartolarizzato messo in capo al Fondo ma non ridistribuito in base a un meccanismo perverso che ne frena l’utilizzo e dirotta le risorse su altre voci Inps. Nessuno si chiede però, se è proprio il caso di continuare a perdere tempo e risorse, applicando – inutilmente da decenni – il modello pensato per Cipputi anche alla signora della porta accanto.
Altra considerazione più pertinente al Fondo previsto dal Decreto agosto: anziché pensare a distribuire agli enti di formazione decotti le risorse per un’improbabile spinta all’occupabilità femminile, sarebbe utile investirli in vere politiche attive per le donne anche perché la pandemia, come abbiamo più volte scritto su queste pagine, non dovrà ripetere la discriminazione perpetuata con lo smart working improvvisato che inchioda le donne a casa nel duplice lavoro di assistenza ai propri figli e parenti.
Vero è che il motivo principale per cui le casalinghe sotto i 40 anni non cercano un lavoro retribuito non è l’assenza di formazione, e nemmeno l’assenza di lavoro, ma è familiare nel 73% dei casi: devono occuparsi di figli, famiglia, genitori o l’eventuale salario corrisposto dal lavoro è così basso da non coprire il costo per supplire ai lavori di cura inevasi (nidi privati, babysitter, badanti). Dunque contrattazione di prossimità, fiscalità di vantaggio per le aziende che assumono anche con orari flessibili e tempo ridotto, servizi a supporto per cura figli (nidi-tempo pieno)/casa/familiari che mancano.
Lavoro e donne sono direttamente proporzionali rispetto alla presenza dei servizi a supporto della cura. Non risolviamo la questione con 3 milioni, ma l’ambito scoperto, che aiuterebbe le casalinghe, le disoccupate, le donne, ma anche il Paese, i bambini, l’istruzione, e molto altro, è questo, e su questo, nidi, tempo pieno e caregivers, bisognerebbe concentrarsi per prima cosa rovesciando la sequenza se vogliamo fare “una cosa storica per le casalinghe mai fatta prima”.
Uno dei mali storici della nostra economia è la stagnazione della produttività e più donne al lavoro significa un aumento straordinario del Pil. Una maggior flessibilità produttiva sarà fondamentale per consentire alle imprese di affrontare meglio la crisi economica, l’altalena del mercato, il Covid sempre presente. In Italia bisogna negoziare con i sindacati soluzioni nei rinnovi dei contratti, maggior flessibilità su nuovi sistemi di orari ridotti e part-time incentivato sperimentati nelle aziende, filiere, settori, formazione su argomenti per tutti solo apparentemente scollegati dall’interesse dell’impresa già finanziati dai fondi interprofessionali, fondi europei e fondi regionali.
La penultima considerazione riguarda Anpal che non ha portato a termine il suo mandato sia per l’inerzia dell’Agenzia, sia per la mancanza di collaborazione tra regioni ed enti locali per scambiarsi i dati necessari a metter in collegamento domanda e offerta di lavoro, sia per il fallimento evidente dei navigator stipendiati a perdere. Non c’è dubbio che abbiamo bisogno e subito di una riforma degli ammortizzatori sociali e della Cassa integrazione come strumento di sollievo al reddito del lavoratore che perde il posto partendo da una riforma cogente delle politiche attive di orientamento e accompagnamento al lavoro nonché di riqualificazione di alcune professioni.
Ciò che resta certo è che, come chiedono da tempo i sindacati, si dovrà metter mano a una riforma complessiva e razionale degli strumenti sociali. Per la quale la terribile esperienza di questi mesi ci fornisce un’efficace mappa della realtà devastata. Come Stati generali e Alleanze delle donne e TutteperItalia abbiamo redatto un piano per l’occupazione femminile che abbiamo inviato ai rappresentanti del Governo, alla minoranza e al Presidente Mattarella come contributo che ci auguriamo sia preso seriamente in considerazione e che trovate integralmente qui. Sopratutto ora che il Ministro Amendola che ha la responsabilità delle politiche europee sta elaborando il Piano nazionale per il Recovery fund e l’occupabilità femminile rimane uno degli strumenti più importanti per il rilancio del nostro Paese.