L’occupazione in agosto cala (-0,1%, pari a -22mila) tra le donne, i dipendenti permanenti, gli autonomi e tutte le classi d’età, mentre la timida crescita degli stagionali non ha bilanciato la riduzione dei dipendenti stabili. Su oltre 23 milioni di occupati le donne restano sotto la soglia dei 10 milioni, con un tasso di occupazione oltre 18 punti percentuali in meno rispetto a quello maschile. E le iniziative del governo non hanno avuto un risultato decente.
Il Family Act, che si poneva come cornice di riferimento nel Pnrr per la promozione di una riforma epocale con riguardo al sostegno alla genitorialità e alla funzione sociale ed educativa delle famiglie, alla lotta alla denatalità, alla valorizzazione della crescita armoniosa di bambine, bambini e giovani e alla conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile, non c’è se non molto marginalmente, anche se dipende da come sarà – in termini di qualità, compensi, sicurezza – il mercato del lavoro sollecitato da questa iniezione di fondi, e si riuscirà non solo a costruire servizi per l’infanzia, mense scolastiche, e altri servizi, ma a garantire fondi e strumenti organizzativi perché possano andare a regime.
Si punta molto sulla scuola e sulla formazione, ma nelle generazioni in età lavorativa non c’è più un gap di istruzione come nelle generazioni precedenti: le donne in Italia, come negli altri Paesi, sono più istruite in genere dietro ai banchi, ma da noi resta un alto grado di segregazione formativa, per cui prevale una scelta nei corsi di laurea meno spendibili nel mercato del lavoro.
Il welfare rappresenta uno strumento fondamentale per l’occupazione, ma le donne del Nord non vivono nello stesso paese di quelle del Mezzogiorno, dove ci sono meno servizi e anche il sostegno familiare delle nonne risulta più carente, perché a più bassa istruzione e povertà corrisponde meno autosufficienza delle anziane.
L’inverno demografico non è una questione di genere: continuare a indicare le donne come uniche responsabili dei figli, di averli e crescerli colpevolizzandole se non ne fanno, e se vogliono anche avere un’occupazione ed essere economicamente autonome, è anacronistico. Il tasso di natalità dipende anche dall’età media della popolazione e dalla percentuale di anziani in essa. L’Italia ha una popolazione mediamente vecchia, a motivo delle scelte di fecondità fatte dalle generazioni oggi anziane, quindi non può che avere un tasso di natalità ridotto e quanto ridotto dipende dalle scelte di chi invece è in età fertile, e da ciò che si fa per sostenere le scelte di chi decide di avere uno e più di un figlio.
Si fa poco per sostenere chi i figli li ha, o vorrebbe averli. Occorre un pacchetto di interventi integrato: orari di lavoro amichevoli nei confronti di chi ha anche responsabilità familiari; sostegno all’occupazione femminile e alla parità di genere sia nel mercato del lavoro sia in famiglia; congedi ben remunerati e il più possibile paritari; servizi di cura ed educazione per la prima infanzia universali e gratuiti e scuola a tempo pieno generalizzata, anche per favorire le pari opportunità tra bambini e contrastare la povertà educativa; sostegno al costo dei figli universale. L’assegno unico aveva la pretesa di sostituire un sistema frammentato, ma su queste pagine ne abbiamo criticato l’impostazione e non basta da solo a incoraggiare le scelte positive di fecondità.
Sappiamo bene che per effetto della (ci auguriamo!) ripresa economica e della replacement demand, cioè coloro che usciranno dal mercato del lavoro per motivi anagrafici, il mercato del lavoro avrà bisogno di tra 4,1 e 4,6 milioni di nuovi lavoratori/lavoratrici altamente specializzati.
Dobbiamo intervenire subito nel sostegno alle nuove generazioni femminili per la caratteristica peculiare degli Its, che offrono una formazione di qualità in modo esperienziale, coltivando competenze pratiche e applicate direttamente al contesto lavorativo. Gli studenti e le studentesse, nei due anni di formazione, acquisiscono numerose esperienze che arricchiscono il loro curriculum.
Lo stage e i project work sono strumenti che rendono specializzante la formazione, direttamente su casi aziendali insieme ai team di professionisti e responsabili delle aziende.
La riforma degli Its è un’alternativa alla classica formazione universitaria e deve dotare il paese di tecnici altamente specializzati, formati sulle istanze e le necessità delle aziende del territorio, all’interno del quale le fondazioni hanno le loro sedi operative.
Le donne possono anche trovarsi ad affrontare disincentivi economici alla partecipazione alla forza lavoro: l’assetto dei sistemi fiscali e delle prestazioni sociali influisce sia sulla decisione di partecipare al mercato del lavoro sia sul numero di ore lavorate, disincentivi particolarmente elevati per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare. L’impatto negativo per l’aumento delle relative aliquote d’imposta marginale effettiva per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito e gli elevati costi diretti per i servizi di assistenza all’infanzia e di assistenza a lungo termine costituiscono per le donne con responsabilità di assistenza un disincentivo finanziario al lavoro ancora maggiore e peggiore per le famiglie a basso reddito.
Fra le misure volte a migliorare l’equilibrio fra vita professionale e vita privata, un regime di congedi per motivi di famiglia ben concepito ed equamente ripartito tra i generi a) aiuta le donne a conciliare la vita professionale e la vita familiare; b) consente loro un periodo di riposo quando hanno un bambino di cui prendersi cura; c) rafforza il loro aggancio al mercato del lavoro.
Bisogna avere coraggio e costituire fondi bilaterali che sostengano i periodi di congedo parentale retribuito in un sistema di sussidiarietà aziendale.
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