Non è una novità che le donne jihadiste abbiano legami col terrorismo. Ciò che preoccupa sono però i numeri in crescita. A rivelarlo, come riporta Le Figaro, è uno studio europeo, pubblicato lo scorso 31 gennaio dal Centro Internazionale per il Controterrorismo (ICCT, con sede a L’Aia). In poco più di 200 pagine, i cinque autori (Germania, Belgio, Francia, Paesi Bassi) si concentrano su ciò che definiscono “delinquenti estremiste violente affiliate al jihad”. Il loro lavoro si basa su interviste con 69 esperti antiterrorismo e decisori politici e sull’analisi delle decisioni giudiziarie riguardanti 277 donne jihadiste.



Lo studio dell’ICCT ha il primo vantaggio di ricordare ancora una volta che il jihadismo non si ferma ai confini degli Stati europei. Considerando però la sintesi sintesi “europea” delle donne jihadiste studiate in Germania, Belgio, Francia e Paesi Bassi, la maggior parte affiliate a Daech, emergono diverse caratteristiche da cui si può delineare una sorta di ‘identikit‘: sono giovani (con un’età media di 24,8 anni al momento dei crimini), svolgono ruoli vari e attività molto diverse, sia in Europa che all’estero. Inoltre la grande maggioranza di queste donne non aveva precedenti penali, a differenza dei jihadisti uomini dove i precedenti penali erano più comuni. Ma il dato spiazzante è che nei quattro paesi considerati, il numero di donne in prigione “è aumentato considerevolmente negli ultimi anni, mentre il numero di uomini è diminuito, modificando così l’equilibrio di genere nei contesti carcerari.



FRANCIA, IL PAESE COL MAGGIOR NUMERO DI JIHADISTI

Tra i paesi esaminati la Francia risulta essere quello col maggior numero di jihadisti (da 1.400 a 1.500 partenze dalla Francia), di cui più di 500 donne, ovvero circa un terzo. Inoltre, è stato osservato il solo tentativo di attentato ordito da una cellula esclusivamente femminile (tentativo di attentato con auto bomba contro Notre-Dame nel settembre 2016). Va comunque detto che le pene detentive che le riguardano sono in media più lunghe in Francia che nei paesi vicini. In materia penale, per quanto riguarda i crimini terroristici (appartenenza o sostegno a un’organizzazione, reclutamento per tale organizzazione, preparazione di attentati), le pene previste in Francia superano i 30 anni. Contro i 5-10 anni per i crimini in Belgio, da 6 mesi a 10 anni in Germania e oltre 10-15 anni nei Paesi Bassi. E le pene effettive per le donne jihadiste sono in media di 7 anni in Francia, contro 4 anni in Belgio e in Germania e 18 mesi nei Paesi Bassi.



A fronte di tutto ciò, Marc Hecker , autore dello studio per quanto riguarda il profilo francese, ha sottolineato come la maggiore preoccupazione risieda in quelle donne jihadiste che ad oggi non sono coinvolte direttamente in atti terroristici ma che potrebbero trasmettere i loro ‘principi’ anche alle nuove generazioni, ampliando il fenomeno. Lo studioso ha infatti affermato: “Dovremmo riabilitare il concetto di deradicalizzazione, spesso molto criticato in Francia, per cercare di influenzare il loro modo di vedere il mondo, l’islam e i valori per i loro figli.”

L’IMPORTANZA DEI PROGRAMMI DI RIABILITAZIONE E REINSERIMENTO

Secondo l’ICCT, gli Stati dovrebbero inoltre “investire nel potenziamento delle capacità e dell’esperienza necessarie per perseguire i principali crimini internazionali, in particolare i crimini di violenza sessuale e sessista”. Tra le violenze sistematiche, la riduzione in schiavitù, il rapimento e l’arruolamento di bambini, Daech ha infatti posto l’intimo al centro dei suoi crimini e le donne jihadiste hanno potuto svolgere un ruolo chiave in questo ambito.

Nelle sue conclusioni, lo studio dell’ICCT sottolinea infine che “deve essere garantito un finanziamento a lungo termine per i programmi di riabilitazione e reinserimento” di queste donne. Ma giudica altrettanto essenziale “una stretta sorveglianza (di queste donne) dopo il loro rilascio, specialmente nei primi mesi, quando il rischio di recidiva è più elevato, poiché molte di loro continueranno ad aderire all’estremismo, se non al terrorismo“.