“Siamo donne oltre le gambe c’e’ di più” ci ricordava la, sempre bellissima, Sabrina Salerno, insieme a Jo Squillo, in una delle hit musicali più gettonate dei primi anni ’90 del secolo scorso. Le donne, insomma, già trent’anni fa aspiravano a essere qualcosa di diverso da quelle “fanno da mangiare, sanno cucinare odiano stirare e san far l’amore” raccontate da Francesco Baccini più o meno nello stesso periodo.
Gli anni passati hanno dimostrato, se ce ne fosse bisogno, che le donne possono essere certamente altro e che la crescita e lo sviluppo di una società moderna passa in buona parte dalla capacità di valorizzare il talento “femminile”. In questa prospettiva si muove, ad esempio, il Fondo “Impresa femminile” attivato presso il ministero per lo Sviluppo economico che incentiva le donne ad avviare, e rafforzare, nuove attività per realizzare progetti innovativi nei settori dell’industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, servizi, commercio e turismo.
Nello specifico, il nuovo strumento sostiene le imprese femminili di qualsiasi dimensione, già costituite o di nuova costituzione, con sede in tutte le regioni italiane e in particolare le cooperative o società di persone con almeno il 60% di donne socie, le società di capitale con quote e componenti degli organi di amministrazione per almeno i due terzi di donne, le imprese individuali con titolare donna nonché le lavoratrici autonome con partita Iva.
Ad esempio se una libera professionista vuole costituire una nuova impresa, oppure l’impresa è stata costituita da meno di 12 mesi, si potranno presentare progetti d’investimento fino a 250 mila euro.
Il Ministero, in questo caso, mette a disposizione un contributo a fondo perduto che varia in funzione della dimensione del progetto. Per progetti fino a 100 mila euro, l’agevolazione copre fino all’80% delle spese (o fino al 90% per donne disoccupate) entro un tetto massimo di 50 mila euro, mentre per progetti fino a 250 mila euro, l’agevolazione copre il 50% delle spese, fino a un massimo di 125 mila euro.
Dalle crisi, insomma, di questi ultimi anni si potrà/dovrà uscire anche grazie a un contributo, sempre più qualificato, delle donne imprenditrici. Sembra, quindi, definitivamente finito il tempo di un mercato del lavoro prettamente maschile a cui facevano da contraltare milioni di “casalinghe disperate” a casa in attesa del marito.
La speranza, inoltre, è che un sempre maggiore coinvolgimento nell’economia porti qualche cambiamento. Il timore, infatti, citando il professor Vecchioni, è che le donne, anche se manager, che fanno briefing e meeting, siano, o diventino, “Stronze come un uomo, Sole come un uomo”.
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