L’intelligenza artificiale è al centro del dibattito sul futuro del lavoro. Gli ultimi studi di Fmi, Ocse e World economic forum forniscono spunti di riflessione. L’IA generativa potrebbe essere un punto di svolta, ma è fondamentale considerare l’IA come un complemento e non un sostituto dei lavoratori. Spetta, insomma, a noi donne e uomini capire come usarla. Farvi ricorso, specie nel caso di quella generativa, capace in taluni casi sostituire il lavoro in una vasta gamma di compiti cognitivi e non solo di routine o manuali, è molto probabile che porterà a una modifica delle modalità lavorative e della natura vera e propria del lavoro in vari settori e professioni.
Il dibattito pubblico circa l’impatto dell’IA sul mondo del lavoro si articola in due narrazioni contrapposte. Una prima narrazione presenta una visione positiva secondo la quale si teorizza che i sistemi di intelligenza artificiale generativa (e quelli in generale) saranno in grado di integrare le mansioni e i compiti delle persone, incrementandone la produttività, causando una riduzione di posti di lavoro limitata e un generale miglioramento, ancorché parzialmente traumatico per settori ben specifici, delle economie e un mutamento dei tessuti produttivi.
Una seconda narrazione, invece a carattere negativo, teorizza una massiva sostituzione di lavoratori i cui compiti, soprattutto quelli di natura routinaria e ad alta connotazione intellettuale, saranno progressivamente sostituiti da un massiccio ricorso alla tecnologia, con effetti dirompenti, non verificati, sui livelli occupazionali in seno alle economie più moderne.
Per dirimere la questione, o quantomeno fare maggiore chiarezza, è dunque interessante guardare alle analisi e alle previsioni più recenti pubblicate dai dipartimenti di ricerca di organizzazioni internazionali e società di consulenza globali.
Noi qui poniamo una seppur parziale analisi sull’occupazione femminile perché concretamente le evoluzioni toccheranno anche le lavoratrici, con il rischio di alimentare le disuguaglianze già esistenti, anche perché (dati 2023) la scarsa partecipazione della popolazione femminile al mondo del lavoro è ascrivibile anche alla bassa quota di lauree Stem tra le donne. Anche se oggi i dati ci dicono che le donne che lavorano nel tech hanno più dimestichezza con l’intelligenza artificiale di tipo generativo. La utilizza più di una volta a settimana il 75% delle lavoratrici, contro il 61% dei lavoratori. Le professioni impiegatizie, che comprendono in genere ruoli in settori come l’amministrazione, la finanza, la sanità e l’istruzione, storicamente impiegano un numero significativo di donne.
Secondo l’U.S. Bureau of Labor Statistics, le donne rappresentano oltre la metà della forza lavoro nelle professioni di supporto amministrativo e quasi i tre quarti nelle professioni di supporto sanitario. La Commissione europea calcola che l’impatto sulle donne sarà persino maggiore in Europa, dove le donne rappresentano il 66% del settore impiegatizio. Si stima, infatti, che entro il 2030 la richiesta di personale nel settore impiegatizio diminuirà del 18% e del 13% nel settore customer care. Uno studio dell’Ilo si spinge ancora più in là: esaminando tutte le fasce di reddito dei Paesi sviluppati, ha rilevato che l’automazione dell’IA potrebbe potenzialmente sostituire l’8,5% dell’occupazione femminile, rispetto ad appena il 3,9% di quella maschile.
Datori di lavoro in settori come banche, assicurazioni, farmaceutica e sanità stanno attuando importanti trasformazioni digitali e necessitano di lavoratori tecnologici con competenze avanzate. Le professioni scientifiche e tecnologiche restano ancora ricoperte da uomini. Attualmente, le donne rappresentano solo il 28% della forza lavoro Stem; le opportunità per il futuro rischiano di non essere equamente distribuite.
Affrontare l’impatto dell’IA nell’occupazione femminile richiede un approccio multiforme, pronto a fronteggiare le disuguaglianze sistemiche e a dare potere alle donne nei luoghi di lavoro. L’IA e gli algoritmi hanno un impatto significativo sulla nostra società: garantire una rappresentanza diversificata nella ricerca e nello sviluppo aiuterà a mitigare i pregiudizi che potrebbero annullare decenni di progressi sociali. Perché ciò avvenga è fondamentale che Governi e imprese investano nell’istruzione e nella formazione. Facilitare l’accesso, per le donne, all’istruzione Stem e a programmi di upskilling è lo strumento essenziale per garantire una partecipazione paritaria nella nuova economia digitale dell’IA.
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