Alcuni di noi continuano ad arare il patrimonio che Marco Biagi, giuslavorista che ha trasformato il mondo del lavoro, ci ha lasciato dopo 21 anni dal suo assassinio per mano delle Brigate rosse. Cerchiamo con ostinazione di sottolineare un’eredità soprattutto di metodo e la capacità di dialogare per innovare che abbiamo imparato con il professore.



La ministra della Famiglia Roccella ha proposto recentemente a una iniziativa di Farmindustria il nuovo Codice di autodisciplina delle imprese a favore della promozione della natalità e alcune proposte che si concentrano su tre aree di intervento: la continuità di carriera delle madri che lavorano, la cura dei bisogni di salute delle donne e i tempi di lavoro più vicini alle esigenze delle famiglie. Per invertire la tendenza c’è bisogno della collaborazione di tutti i soggetti: Governo e società civile, annunciando poi che “nel provvedimento sul riordino degli incentivi alle imprese, è stata inserita la valorizzazione del lavoro femminile, quella degli aiuti alla natalità e un fondo bilaterale di solidarietà”.



E proprio su questo Fondo noi vogliamo approfondire la questione. Sappiamo bene che gli incentivi fiscali alle imprese hanno un ruolo mediamente breve rispetto all’occupabilità, soprattutto femminile, e finiti gli incentivi difficilmente il posto di lavoro viene confermato. Dunque, si deve agire con norme che aprano contrattualmente a innovare strutturalmente le forme di bilateralità adattando l’impianto normativo elaborato, promuovendo relazioni positive tra le parti sociali e datoriali grazie alla collaborazione attiva tra lavoratori, lavoratrici e datori di lavoro, superando vecchi ancoraggi dei fondi bilaterali alla formazione e proponendo un nuovo sostegno al reddito che introduca non fondi bilaterali di solidarietà, ma di partecipazione a un sistema di ulteriori congedi parentali nel caso i lavoratori o le lavoratrici dovessero affrontare periodi particolarmente faticosi per lavori di cura.



I congedi, se gestiti collettivamente grazie alla collaborazione attiva, producono valore aggiunto e miglioramento alla qualità della vita, nonché sostengono il reddito di colei o colui che presta lavoro e si deve assentare per la famiglia. Ciò garantirebbe una maggiore produttività in grado di spalmarsi come benessere collettivo. Oggi poi che c’è una sostanziale apertura a una rivoluzione di flessibilità lavorativa anche attraverso la digitalizzazione, con cambiamenti buoni provenienti da nuove modalità contrattuali e organizzative aziendali, anche la bilateralità che Marco Biagi sostenne nella sua legge come sistema virtuoso nelle relazioni sindacali del nostro Paese, alla luce anche dei numerosi e diversificati compiti riconosciuti a essa negli anni – dal quadro normativo a sostegno di forme di protezione sociale del lavoro in materia, tra l’altro, di ammortizzatori sociali, di previdenza complementare, di assistenza sanitaria integrativa, in un contesto di perdurante crisi economica e produttiva di cui appunto le lavoratrici stanno pagando un prezzo altissimo -, va cambiata.

La questione femminile e del riconoscimento in ambito lavorativo e familiare e dunque sociale va con coraggio affrontata anche con il ruolo e le prospettive della bilateralità, o forse meglio del bilateralismo (termine comprensivo delle regole, specie di matrice contrattuale, da cui traggono origine e che disciplinano l’attività degli enti bilaterali nonché degli altri soggetti a conduzione congiunta) mediante l’affermazione della cultura della partecipazione e della gestione della diversa cultura della presenza femminile sul luogo di lavoro e, dunque, ancorando sistemi nuovi organizzativi a norme flessibili.

Poiché si parla di cultura di genere, di certificazioni, di codici, ecc., sono gli strumenti normativi agiti e non i bollini rosa che fanno la differenza. La bilateralità viene a rappresentare un importante strumento di partecipazione sociale e condivisione, concorrendo a realizzare, assieme alla contrattazione collettiva, quella comunità lavorativa, fondata sull’apporto delle formazioni espressione della società civile, riconosciuta dalla Carta costituzionale. Bilateralità e partecipazione rappresentano peraltro la soluzione più autorevole e credibile per superare ogni residua cultura di genere nei rapporti di produzione e avviare, in un rinnovato clima di fiducia e collaborazione, una virtuosa alleanza sui temi della crescita, dello sviluppo e della giustizia sociale in un contesto destinato a sopportare frequenti cause di instabilità.

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