Lettera aperta al nostro Presidente Sergio Mattarella

Caro Presidente, ricordo con piacere le sue parole di augurio di fine anno, nelle quali fra le altre, ha sentito l’urgenza di rivolgersi ai giovani e alla cultura dell’amore legata anche al rispetto e alla riconoscenza che non è il possesso che qualifica l’affetto e il sentimento. Le questioni legate al genere femminile che nel nostro Paese rappresenta ben il 53% della cittadinanza, rimangono un problema enorme e prioritario e non sono per ripeterLe stancamente la nostra situazione occupazionale e civile con i soliti numeri che ci umiliano. Ma che Lei ha ben presente. Non solo a livello nazionale ma internazionale.



Vista la Sua coerente indomita indole europeista anche in termini di assetto normativo che ci costa ben 64 avvisi di infrazione con le conseguenze che ben conosciamo, mi permetto di chiederLe una garbata e decisa raccomandazione nell’adeguarci anche rispetto alla legislazione ma soprattutto ai recenti provvedimenti perché un attento recupero delle indicazioni comunitarie in alcune direttive possano sostenerci anche politicamente per compiere quei passi in avanti per le cittadine italiane e la democrazia reale ed effettiva.



Le adolescenti fanno maggior uso di psicofarmaci rispetto ai coetanei per sentirsi più adeguate alle aspettative sociali che le pretendono prestanti e perfette, lo conferma una ricerca del Cnr che mette in luce la necessità di sensibilizzare il dibattito su stereotipi di genere ma anche e soprattutto di sostenere le politiche di pari opportunità occupazionali per rafforzare il diritto al lavoro delle donne, il cui numero di occupate non aumenterà grazie alla cosiddetta certificazione di genere che serve solo alle aziende che continuano a non assumere donne o, se lo fanno, solo per riceverne dei benefici contributivi o avere vantaggi nell’assegnazione di bandi, ma serve e subito una concentrica politica di sostegno per la condivisione del lavoro di cura in famiglia, il lavoro, i servizi all’infanzia, un incentivo alla contrattazione di prossimità per applicare sostanzialmente la Direttiva Ue che prevede, tra l’altro, 30 giorni di congedo parentale.



E i numeri, non le percezioni, dicono che le madri in Italia sono sempre meno occupate e sempre meno felici, non solo al Sud dove ci sono meno servizi, meno occupazione e le famiglie sono ancora costruite intorno a un immaginario tradizionale sui ruoli, ma anche al Nord, dove le dimissioni dal lavoro dopo la nascita di un figlio aumentano di anno in anno. Vero è che l’inattività femminile è in parte conseguenza di una domanda di lavoro che vincola fortemente le lavoratrici a orari pieni e non flessibili e che induce le donne disposte a lavorare a tempo parziale a uscire o a non entrare nel mercato del lavoro. Ed è altrettanto vero che la questione dello smart working ultimamente prorogato è una falsa soluzione, poiché le aziende incapaci a riorganizzarsi per obiettivi e non sull’orario di lavoro costringono sempre di più le lavoratrici a sottoscrivere degli accordi capestro con un monte ore settimanale residuale dedicato al lavoro da remoto pur autoaffermandosi imprese family friendly.

Dunque, caro Presidente, non è più sopportabile il buonismo paternalistico di aiutare le donne rispettando i loro diritti negati se non si è coerenti: prima di tutto nell’adempimento della nostra Costituzione, nelle direttive applicate, nelle convenzioni internazionali ratificate ma non applicate, nelle promesse di un Pnrr che le sostiene quando così non è (se non in piccola misura), da una legge come la legge 54 del 2006 che è diventata uno strumento di controllo e di violenza contro le madri alle quali viene strappato il figlio. Il germe della disparità salariale sta nell’organizzazione del lavoro e nell’assicurare la possibilità di avere l’autonomia e la libertà economica accedendo da una formazione di livello non solo in basse qualifiche senza rinunciare alla propria attività ed essendo indipendente. E a proposito di futuro, i divari di genere nell’apprendimento delle materie scientifiche si traducono a distanza di anni in una minore indipendenza economica delle giovani donne.

Le sono grata della Sua preziosa attenzione.

Alessandra Servidori

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