I bonus sono e rimangono nei migliori dei casi delle toppe (a volte dei disastri come il Superbonus 110%). Nei provvedimenti approvati in settimana dal Governo sono stati previsti per le politiche del lavoro e della famiglia un pochino di bonus: ci vuol ben più coraggio per affrontare un periodo veramente difficoltoso. Il mondo è cambiato, il mercato del lavoro anche e ci vogliono nuove regole e allora bisogna muoversi e in fretta soprattutto con coraggio. Lavorando sodo con i ministeri dell’Economia e del Lavoro perché certo l’occupazione è aumentata (un pochino anche quella femminile), ma manca quella forza politica che serve per preparare le nuove professionalità che la competizione ci chiede, per le donne che vogliono entrare e restare nel mercato del lavoro, per le persone svantaggiate e dunque un’operazione che investa le risorse economiche del Pnrr e dei fondi strutturali del Fondo sociale europeo in una visione lunga e stabile.
Per le italiane persiste un alto grado di segregazione formativa: prevale una scelta nei corsi di laurea meno spendibili nel mercato del lavoro, in discipline umanistiche piuttosto che scientifico-tecnologiche. Quanto al welfare, le donne del Nord, pur anche loro già in affanno, non vivono nello stesso Paese di quelle del Mezzogiorno, dove non solo ci sono meno servizi ma anche il sostegno familiare delle nonne risulta più carente perché a più bassa istruzione e povertà corrisponde meno autosufficienza delle anziane. Abbiamo un tasso di occupazione più basso tra gli Stati Ue, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media; un divario lavorativo costante di genere, le donne occupate sono circa 9,5 milioni, mentre gli uomini circa 13 milioni. Una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità, per la difficoltà di conciliare le esigenze di vita con l’attività lavorativa. Per oltre la metà, il 52%, per esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche.
Il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5%, aumenta in presenza di figli e arriva al 34% in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni (“Rapporto plus 2023” Inapp) .Anche secondo il Rapporto Istat SDGs 2023 la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora. La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell’indicatore pari a 91,5%. L’occupazione femminile è caratterizzata anche da un accentuato divario retributivo di genere: Secondo Eurostat, il gap retributivo medio (ossia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5% (al di sotto della media europea, che in Italia è del 13%), mentre quello complessivo (ossia la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini) è pari al 43% (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2%).
Tra le politiche sovranazionali che dobbiamo attivare da subito ricordo la direttiva (Ue) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026 che stabilisce prescrizioni minime per rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva con obblighi per uno stesso lavoro tra uomini e donne e il divieto di discriminazione in materia di occupazione e impiego per motivi di genere e riguarda tutti i datori di lavoro (pubblici e privati).
Per recuperare il divario di genere nell’ambito dell’accesso alle discipline Stem, il Pnrr ha investimenti diretti alla promozione di tali discipline in ambito scolastico dei servizi di istruzione, dagli asili nido alle Università, e “Nuove competenze e nuovi linguaggi”. Sono previste sovvenzioni per complessivi 1,1 miliardi di euro. È presente un primo obiettivo, al 30 giugno 2025, per attivare progetti di orientamento Stem nel 2024/2025 e un secondo obiettivo, sempre al 30 giugno 2025.
A che punto siamo dunque? Muoviamoci, lasciamo i bonus in sonno e utilizziamo a sistema le risorse che l’Europa ha offerto, senza sprechi a orologeria.
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