Le donne vivono di più, ma in condizioni peggiori di quelle degli uomini. A rivelarlo è uno studio americano pubblicato su The Lancet Public Health, che approfondisce le differenze di genere in termini di salute. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che i maschi sperimentano un carico maggiore di malattie che portano a morte prematura, mentre le femmine soffrono di molte più patologie che portano a una riduzione della qualità della vita ma non alla morte. È per questo motivo che “i bisogni sanitari sono diversi” e c’è “l’urgente necessità” di politiche ad hoc.
Lo studio, che ha analizzato i dati dal 1990 al 2021, non ha riscontrato grandi progressi nel colmare questo divario nella salute tra uomini e donne. Si è verificata una diminuzione globale degli anni di vita sana persi a causa di cattive condizioni di salute o di morte prematura per alcune malattie, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), la cardiopatia ischemica, l’ictus o la tubercolosi, che tendono a colpire maggiormente gli uomini. Il gap però resta, anzi è progressivamente aumentato nel caso di diabete e dei disturbi depressivi e muscoloscheletrici. Questi ultimi affliggono soprattutto le donne.
I problemi di salute delle donne non sono una priorità?
Il problema delle salute delle donne infatti sembra essere soprattutto che le patologie che le affliggono spesso vengono sottovalutate. Le sette condizioni con tassi DALY (si tratta di un indicatore che misura tutto quel tempo di vita sana e piena perso a causa di una malattia) più elevati nelle donne rispetto agli uomini secondo lo studio erano lombalgia, depressione, mal di testa, ansia, disturbi muscoloscheletrici, demenza e HIV.
“Storicamente, l’attenzione alla salute delle donne si è concentrata in gran parte sulle questioni sessuali e riproduttive che, sebbene cruciali, non comprendono l’intero spettro dei problemi di salute che colpiscono le donne durante tutta la loro vita. Le malattie non trasmissibili che colpiscono più frequentemente le donne continuano ad essere depriorizzate nei finanziamenti alla ricerca, nella letteratura scientifica e, soprattutto, nella pianificazione dei sistemi sanitari”, hanno sottolineato ancora gli esperti. Un intervento è dunque indispensabile.