L’Italia aggiunge un nuovo prodotto alla già lunga e variegata lista delle specialità cui è stata riconosciuta la denominazione Igp. L’ultima arrivata è la Seadas sarda (o Sebadas/Sabadas/Seattas/Savadas/Sevadas), il tipico dolce dell’isola, dalla forma tondeggiante, ripieno di formaggio pecorino, caprino e formaggio vaccino o cagliata vaccina con l’aggiunta di scorza di limone e/o d’arancia grattugiata e una spruzzata di zucchero. Il tutto rigorosamente fritto e quindi cosparso di miele o zucchero e servito caldo.
La nuova denominazione si va quindi ad aggiungere all’elenco dei 1.639 prodotti agricoli già protetti. In particolare, secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Qualivita, nel comparto food rappresenta la 145esima Igp italiana e la numero 323 nel totale delle Indicazioni Geografiche agroalimentari dell’Italia, nonché la denominazione numero 9 fra le Dop Igp del Cibo per la Sardegna.
Una buona notizia, dunque, per il nostro Paese che si aggiunge a un’altra recente affermazione in sede europea del nostro patrimonio enogastronomico: a fine giugno è infatti stata ufficialmente riconosciuta da Bruxelles la denominazione Canelli Dop, grazie alla quale l’Italia ha raggiunto un obiettivo importante: 527 IG nel Vino, di cui 409 Dop e 118 Igp.
Le due new entry rafforzano, dunque, il comparto italiano delle Indicazioni Geografiche Protette. Un fiore all’occhiello del nostro Made in Italy che, secondo gli analisti, ha le carte in regola per regalare ottime soddisfazioni in termini di business: stando, infatti, alle previsioni indicate durante il primo simposio scientifico delle filiere Dop e Igp organizzato dalla Fondazione Qualivita insieme a Origin Italia, Csqa, Agroqualità e Ipzs, entro la fine del 2023 la Dop economy varrà oltre 20 miliardi di euro. Se così sarà, si supererà quindi il record già stabilito nel 2021, quando, secondo il XX Rapporto Ismea-Qualivita, il comparto ha imboccato la via della ripresa, dopo la sostanziale tenuta registrata durante un 2020 segnato dalla pandemia, raggiungendo un valore complessivo alla produzione di 19,1 miliardi di euro (+16,1% su base annua) e muovendo un export da 10,7 miliardi di euro (+12,8%). Risultati che – fa notare Ismea – hanno portato il contributo del comparto Dop e Igp sul fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale a raggiungere il 21%.
Va detto però che questa performance non deve essere interpretata come un punto di arrivo, ma come un punto di partenza per un settore che mostra grande forza propulsiva, potendo contare su un sistema complesso e organizzato che in tutto il territorio nazionale coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero.
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