Vi dice niente che anche papa Francesco da piccolo volesse fare il macellaio? Mi spiace per Biden e per tutti i più accaniti “insultatori” di Putin (comunque a distanza), ma non posso non intervenire a difesa dei macellai.

Mio nonno era un uomo eccezionale. Almeno, io me lo ricordo così. Non era molto “di chiesa”, le sue donne preferite non erano le suore, però a un certo punto decise di mandare mia madre dalle Marcelline, perché chi frequentava scuole cattoliche era meno esposto alla diseducazione dei giovani, imposta dal fascismo. Ne era testimonianza la frase scritta in cucina: “Piuttost dai monic che dai fascisti!”.



Povero nonno! Che sacrificio! Ma ancora di più quello di dover uscire dal mondo del teatro per finire in una macelleria. Ricordo ancora, quando da piccolo frequentavo la sua casa, che si alzava alle 4 del mattino per andare a lavorare. E poi, a volte, lo raggiungevo in negozio e, di nascosto, gli rubavo manciate di carne cruda.



Per tanto tempo, anche prima che fiorisse il movimento degli animalisti e quello dei vegani, i macellai sono stati visti come uomini bruti e violenti.

Del resto anche Aleksandr Solzenicyn nelle ultime pagine del suo memorabile Arcipelago Gulag ricorda come l’ultima tappa del suo lungo calvario fu nel villaggio kazako di Kok-Terek, dove ai forzati era dato l’ingrato compito di macellare puledri da cavallo. Dopo la liberazione dal lager, che comunque comportava cinque anni di confino obbligato nel villaggio, parla dell’entusiasmo con cui iniziò ad insegnare matematica ad un gruppo di scolari kazaki.



Oggi si dice dei russi e del loro capo che sono dei macellai. Ma mio nonno non macellava donne e bambini; e Solzenicyn, sia pure con ribrezzo, macellava cavallini.

Quindi per certi crimini di guerra bisogna incominciare a trovare nuovi termini, più adeguati al contesto. Per il momento suggerisco di lasciare stare i macellai, che oltretutto, ci fanno dono ogni giorno di prelibati piatti a base di carne, che ancora molti dimostrano di apprezzare.

Mi limiterei a prendere nota di questi misfatti, per fare i conti, dopo che finalmente si sarà stipulata la pace, proprio con loro, con i “cattivissimi”.

Per ora, senza enfasi, e ricordando che un po’ tutti hanno i loro scheletri nell’armadio, basterebbe – e non è poco – educare meglio i nostri giovani perché possibilmente diventino un po’ “diversi da loro”.

E le povere vittime innocenti? Non è la vendetta che li riporterà in vita. A loro non potrà dare soddisfazione nessun Tribunale di Norimberga.

A loro servono ora di più le nostre preghiere di suffragio, e si accetta anche la solidarietà di chi non riesce a credere. Almeno per ora.

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