Alla manutenzione l’Italia preferisce l’inaugurazione. Il celebre aforisma di Leo Longanesi risale agli anni Cinquanta e si attaglia benissimo ai nostri tempi dove il vizio nazionale, se possibile, si è pericolosamente allargato. Capita così che nel giorno della visita della premier Giorgia Meloni al quartiere devastato del Parco Verde di Caivano – teatro dei ripetuti abusi sessuali su due cuginette ancora bambine – Il Mattino pubblichi un’intera pagina per raccontare lo stato di precoce abbandono in cui versa il sottopassaggio di Piazza Municipio verso il mare inaugurato solo poche settimane fa.
Il servizio fotografico è impietoso. I tornelli automatici non funzionano, mancano le indicazioni per abitanti e turisti, i bagni sono fuori uso, i bisogni fisiologici vengono soddisfatti per terra e sui muri, sorgono i primi giacigli dei senza dimora. In pochi giorni il traforo si è trasformata in una cloaca. E stiamo parlando del centro del centro di Napoli. Dove sorge il municipio, per intenderci, al di sotto della piazza che degrada verso il porto dove attraccano le immense navi da crociera e partono gli aliscafi per le isole del Golfo. Un posto che dovrebbe essere considerato come uno dei salotti buoni della città.
La cultura del degrado si è impossessata di noi. Le scene di ordinario disprezzo del decoro in cui ci si s’imbatte in un altro luogo-culto come la Galleria Umberto – culla e balia del giornalismo napoletano, collocata di fronte al Teatro San Carlo, a due passi dalla Prefettura – sono la conferma di quanto sia ampia e consolidata l’area che definisce abitudini e comportamenti lontani dal concetto di civiltà. Per contrastare questo stato di cose c’è bisogno di un impegno collettivo, prima di tutto dell’amministrazione e subito dopo di tutti i cittadini, che devono diventare protagonisti del riscatto.
Sono oggi disponibili strumenti di democrazia partecipata che possono fare al caso nostro. Gli interventi di riqualificazione urbana sono balzati in cima alle preoccupazioni di sindaci e assessori, eppure stentano a decollare per mille motivi che vanno dalla resistenza al cambiamento alla farraginosità delle procedure. Tanti progetti s’infrangono sul muro dell’incompetenza, dell’inefficienza, dell’indifferenza creando il clima per la disaffezione dei buoni e lo spazio per l’affermazione dei cattivi. I primi si ritirano dalla scena, i secondi la occupano con protervia. Occorre creare le condizioni perché avvenga il contrario.
Una maggiore presenza dello Stato va bene, è necessaria. Una presenza intelligente e costante, però, non una toccata e fuga che spegnerebbe i residui fuochi della speranza. Più di tutto c’è bisogno di risposte operative, soluzioni ai problemi di tutti i giorni perché ordinare e reprimere è importante ma non risolutivo. Ci vogliono idee innovative e capacità di metterle in pratica. Chiarezza sui finanziamenti. E naturalmente la forza di non farsi scoraggiare dai catastrofisti di professione per i quali l’unica formula accettabile nel gestire la cosa pubblica consiste nel non fare.
A questo proposito potrebbe essere opportuno riandare con la memoria a una proposta di riassetto del territorio molto convincente ma scartata perché proveniente da una persona sgradita all’allora inquilino del Municipio, Luigi de Magistris, che bocciò il modello di valorizzazione urbana messo a punto da un imprenditore visionario come Alfredo Romeo. L’ambito di applicazione si riferiva all’Insula della cosiddetta Dogana Vecchia perché antistante il suo albergo in via Marina. Ma il modello poteva essere catturato e replicato infinite volte e in ciascuna zona presentasse le caratteristiche giuste.
Il furore ideologico che ha tagliato fuori dai giochi uno dei maggiori esperti della materia – Romeo è stato a lungo processato con l’accusa di aver truccato gli appalti della Consip ma è stato alla fine assolto perché il fatto non sussiste – ha impedito che la formula fosse almeno presa in considerazione. In sintesi, si trattava di prevedere un accordo tra pubblico e privati che alleggerisse per quanto possibile il primo per responsabilizzare, dietro leciti vantaggi, i secondi. Un approccio vincente per entrambi e quindi per tutti i beneficiari: famiglie e imprese residenti in primo luogo e i turisti che sempre più richiedono buoni servizi.
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