Vladimir Putin ha già fatto sapere che non interverrà alle esequie della Regina Elisabetta, in programma lunedì 19 settembre. Non fu presente neppure all’unico “funerale del secolo” finora: quello di Papa Giovanni Paolo II. La Gran Bretagna è oggi il simbolo dell’Occidente in trincea contro la Russia neo-imperialista in Ucraina, mentre Karol Wojtyła era stato più che il simbolo della battaglia finale dell’Occidente contro la Russia sovietica: quella in cui Putin è nato e da cui mai ha reciso le radici.
Nell’aprile 2005, tuttavia, il Cremlino non mancò di inviare in Piazza San Pietro l’allora primo ministro Mikhail Fradkov: a sedere nello stesso parterre con il presidente Usa George Bush, con il premier britannico Tony Blair e il principe di Galles Carlo; con capi di Stato, governo, diplomazie di quasi tutti i Paesi Onu (non ultimi il presidente israeliano e a quello dell’Autorità Palestinese). Al Papa che aveva sempre condannato la guerra e aveva indetto più di una “giornata di preghiera per la pace”, i potenti del mondo tributarono come ultimo omaggio una “giornata di tregua”, in cui nessun Paese era impegnato a combattere su qualche fronte; in cui tutti i leader erano raccolti in silenzio attorno al feretro di un’autorità di credibilità morale globale. I funerali dei veri Grandi – pochissimi – hanno anche questa funzione: possono incidere sulla storia per il fatto stesso che si svolgono spesso inaspettatamente.
Alla Regina Elisabetta – fra l’altro capo della Chiesa d’Inghilterra – tutti riconoscono la singolare autorevolezza della monarchia britannica. Sebbene da tre secoli il re o la regina non “governino” più il Regno Unito, l’Impero e poi il Commonwealth, hanno continuato a connotarne fortemente l’evoluzione. Soprattutto le sovrane: Elisabetta I tenne a battesimo l’ascesa coloniale britannica, la Regina Anna, all’inizio del 700, sovrintese al collaudo delle moderne istituzioni liberaldemocratiche; la Regina Vittoria regnò sulla prima potenza globale dell’Ottocento; Elisabetta II ha accompagnato per settant’anni le vicende di un Paese che due guerre mondiali hanno colpito nel primato, ma non depauperato nella civiltà e nel ruolo.
Per questo le esequie reali di Londra hanno le carte in regola per essere “grandi”, per poter incidere sulla grave crisi geopolitica in mezzo alla quale Elisabetta ha concluso i suoi giorni terreni. È vero che la Gran Bretagna – con Elisabetta erede al trono e in divisa come tutti suoi coetanei – non ebbe esitazioni ad affrontare da sola l’aggressione nazista dell’Europa. Ma è anche vero che le porte di Buckingham Palace si sono schiuse anche per Putin; già nel 2003, nei primi anni del suo “regno” a Mosca. È vero che Elisabetta si era recata in visita in Russia negli anni di Boris Eltsin (e la regina non aveva mancato di incontrare l’allora Patriarca ortodosso russo Alexey). A Windsor era stato ospite anche Mikhail Gorbaciov. E la Regina che ha conosciuto bene tutti i presidente americani, ha avuto rapporti personali con tutti i leader cinesi dell’era post-maoista: da Deng Xiao Ping all’attuale presidente Xi Jinping.
I “Funerali della Regina” possono essere un’opportunità preziosa e unica per un mondo alla disperata ricerca di almeno un giorno di “cessate il fuoco”.
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