Non bisogna chiedersi per quale motivo il generale Gantz si è dimesso dal gabinetto di guerra israeliano, facendo finire la stagione del cosiddetto governo di unità nazionale, ma perché ha aspettato così tanto, visto che Netanyahu e l’estrema destra, sostanzialmente, finora hanno fatto quello che hanno voluto senza ascoltare né lui né altri. Continueranno a comportarsi come hanno fatto finora, spiega Ugo Tramballi, editorialista de Il Sole 24 Ore e consigliere scientifico dell’ISPI, rimanendo sempre più isolati dal mondo. Una condizione che il Paese potrebbe pagare cara a lungo andare, portando nel dopoguerra non solo a un controllo israeliano sulla Striscia, ma anche a una sua occupazione con nuove colonie, con un programma simile a quello già perseguito in Cisgiordania.



I palestinesi, insomma, rischiano di venire cacciati dai loro territori. D’altra parte, il governo Netanyahu ha i voti che gli permettono di mantenere la maggioranza in parlamento e l’opinione pubblica non è contraria a proseguire il conflitto per distruggere Hamas, anche se l’obiettivo difficilmente verrà perseguito. Intanto Blinken torna in Medio Oriente: in Egitto, Giordania, Israele. L’ennesima missione diplomatica: finora non è riuscito a ottenere gran che.



Quali conseguenze avrà la scelta di Gantz di andarsene?

È un’ulteriore prova dell’isolamento internazionale di Netanyahu, però dal punto di vista interno non cambia nulla: Gantz ha dato le dimissioni da una struttura che non è un’istituzione formale dello Stato di Israele, ma un gabinetto di guerra per consigliare il primo ministro. Quello che conta è il governo che ha la maggioranza parlamentare alla Knesset e che è un governo di estrema destra. In qualsiasi Paese democratico, anche se Israele è una democrazia “etnica”, principalmente per gli ebrei, non per i cittadini arabi, quel che conta è la maggioranza. Fino a che Bibi Netanyahu non la perde a livello parlamentare, resterà in carica.



Tutto fa pensare che il suo esecutivo non cadrà?

Non ci sono segnali che il sostegno possa venire meno: gli altri due elementi che formano il governo insieme al Likud sono gli ultra-religiosi, gli Haredim, ai quali non interessa del sionismo, che hanno tutto da guadagnare grazie agli aiuti economici che ricevono dal governo, e i coloni nazional-religiosi che sono estremisti e non hanno motivo per dissentire visto che Netanyahu continua ad ascoltarli. Non cambierà nulla sotto questo aspetto.

L’appello del primo ministro a Gantz per farlo rimanere è stato solo formale? O adesso Netanyahu è anche più contento? E il segretario di Stato americano Blinken avrà meno margini di manovra ora che il generale israeliano non fa più parte del gabinetto di guerra, visto che è considerato vicino agli Stati Uniti?

L’appello di Netanyahu è un atto dovuto: per certi versi gli sarebbe servito che rimanesse l’unità nazionale, naturalmente sulla base del suo programma. La domanda vera, tuttavia, non è perché Gantz se ne sia andato, ma perché lo abbia fatto solo adesso: avrebbe dovuto salutare mesi e mesi fa. Il generale comunque non rientrerà, è stato anche molto duro con Netanyahu, dicendo che la guerra poteva essere già finita da tempo e che continua solo perché è interesse del primo ministro proseguire. Per quanto riguarda gli USA, hanno mandato in Israele prima il consigliere per la Sicurezza nazionale e ora il segretario di Stato Blinken, ma ormai non si capisce cosa vengono a fare. Anche perché fra poco più di un mese la Knesset comincia la vacanza estiva, si chiude il parlamento e fino a ottobre non cambia più niente. Quindi anche per questo Netanyahu andrà avanti.

Il fatto che Gantz esca significa che ci può essere un’opposizione più forte in Israele? E il suo posto nel gabinetto di guerra da chi verrà preso? Ben Gvir si è già fatto avanti; vuol dire che avremo delle operazioni militari ancora più brutali a Rafah, in altre zone di Gaza e magari anche in Libano?

Più brutali di così non si riescono a immaginare. Certo, con Gantz fuori dal gabinetto di guerra l’opposizione si compatta: spero che imparino dalla esperienza indiana e facciano un’alleanza, costituendo un fronte di opposizione. A meno di un golpe militare, comunque, cosa impensabile, il governo, fino a che non scadrà il suo mandato, rimarrà in carica. Grazie alla sua maggioranza parlamentare andrà avanti così.

Dal punto di vista operativo, della gestione della guerra, cosa cambia? Gli americani stessi non avranno più una sponda come quella di Gantz?

Era una sponda inutile, perché Netanyahu continuava a fare quello che voleva. Non ha risposto al generale quando aveva chiesto di definire un programma per il dopoguerra e neanche a Biden che aveva avanzato la stessa richiesta. Tutto rimane come prima. Sì, c’è il rischio che l’esecutivo abbia più mano libera per andare ad aprire il fronte in Libano, ma mi sembra difficile. Israele ha difficoltà logistiche ed economiche: non è facile tenere aperti due fronti contro forze che non sono eserciti regolari ma due milizie molto radicate nel territorio sul quale combattono. Credo che l’idea di aprire un nuovo fronte sia l’ultima cartuccia che Netanyahu si tiene nel caso stia perdendo il suo potere al governo, ma mi sembra difficile che si arrivi a quello.

Lo scenario che si apre adesso allora qual è?

Si continua così, come si sta andando avanti da otto mesi. Anzi, Netanyahu si sente ancora più libero da pressioni interne, anche perché la maggioranza della popolazione israeliana è a favore della prosecuzione della guerra fino all’eliminazione di Hamas, indipendentemente dal fatto che non la sradicheranno mai, come Hamas dimostra ogni giorno.

È un governo che mantiene ancora salda la sua base elettorale e quindi anche per questo non cadrà?

Sì. Una maggioranza risicata, ma da sempre i governi israeliani, di destra o di sinistra, hanno sempre avuto maggioranze di questo tipo, essendo un sistema sostanzialmente proporzionale, quasi in purezza.

Gli israeliani nel dopoguerra occuperanno Gaza?

Per il futuro, una volta finita la guerra, l’idea è quella di ricolonizzare Gaza, cacciare i palestinesi, allargare le colonie in Cisgiordania. Tutto secondo i loro vecchi programmi, sempre più isolati dal mondo.

(Paolo Rossetti)

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