Negli occhi il massacro della gente di Gaza, morta mentre aspettava di prendere un po’ di cibo con l’IDF che sparava sulla folla. Una tragedia che ha fermato anche la trattativa per la tregua e la liberazione degli ostaggi e che ha suscitato l’indignazione anche dell’amministrazione Biden. Salvo poi vedere per l’ennesima volta gli USA salvare Israele da un pronunciamento contrario del Consiglio di sicurezza dell’ONU proprio per la strage in cui sono morte 112 persone.



La situazione nella Striscia e nel Medio Oriente è sempre più complicata: gli americani manifestano pubblicamente i loro timori per un attacco israeliano in Libano, mentre si acuisce lo scontro tra il fondamentalismo di Hamas, che chiede ai palestinesi di Gerusalemme e Cisgiordania di marciare sulla moschea di Al Aqsa opponendosi alla riduzione degli accessi annunciata dal governo Netanyahu per l’imminente Ramadan, e quello di Ben Gvir e degli ultranazionalisti, alcuni dei quali hanno cercato di entrare a Gaza per iniziare a costruire degli insediamenti anche lì, confermando nei fatti la volontà di questa parte politica di cacciare i palestinesi dalla Striscia.



Nella West Bank, intanto, i coloni, dopo l’uccisione di un rabbino e di un ragazzo di 16 anni, hanno ricominciato le loro azioni contro i palestinesi. Una situazione che, come racconta Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, sta infiammando sempre di più la Cisgiordania, duramente colpita dalle incursioni israeliane anche dal punto di vista economico. Lo si dice da tempo, ma ormai è a un punto tale da non poter più essere controllata.

Quanto ha complicato la situazione il massacro di Gaza e la morte di 112 persone in fila mentre aspettavano di avere del cibo?



Le reazioni internazionali sono state molto critiche nei confronti di Israele, che ha cercato di giustificarsi dicendo che l’esercito ha sparato, sì, ma molte persone sono morte nella calca. Come se questo bastasse per non avere responsabilità. Comunque Macron ha condannato l’episodio e vuole spiegazioni, a Melbourne si è tenuto un corteo con le candele in memoria delle vittime: tutti i Paesi considerati amici di Israele sono rimasti allibiti. Nonostante questo, alcuni componenti del governo Netanyahu hanno preso le parti dell’esercito. La vicenda, naturalmente, complica a dismisura i negoziati per la tregua e il rilascio degli ostaggi, che già avevano i loro intoppi.

Lo stesso Biden, che era il più ottimista di tutti sulle trattative, ha detto che forse se ne parlerà la settimana prossima. Ci sono ancora speranze?

La diplomazia è al lavoro comunque: il segretario di Stato USA Anthony Blinken si è sentito con il primo ministro del Qatar, che tiene i contatti con Hamas. Certo, succede sempre qualcosa per intralciare il negoziato. Intanto si avvicina il Ramadan, mancano meno di dieci giorni. Speriamo che riescano ad accordarsi prima, altrimenti si rischia non dico una guerra di religione, ma di aumentare ancora la tensione.

Proprio per la considerazione che hanno i musulmani del mese sacro, c’è pericolo di una rivolta?

Sì. Ancora prima del massacro di Gaza, Ismail Haniyeh (leader di Hamas, nda) aveva chiamato i palestinesi a marciare verso Al Aqsa. Israele, accogliendo le richieste di Ben Gvir, ha imposto delle restrizioni per l’accesso alla Spianata delle Moschee, che, a dir la verità, ci sono state anche negli anni passati. A volte può entrare solo chi ha più di 50 anni, altre volte le condizioni cambiano. A complicare la situazione, quest’anno, verso la metà del Ramadan, cade la festività ebraica del Purim. Non voglio neanche immaginare cosa potrebbe succedere con gli estremisti ebrei che di solito rivendicano di poter arrivare proprio sotto la moschea per i loro riti. Anche la tv di Dubai, negli Emirati Arabi, in questi giorni manda in onda un programma sul Saladino e la liberazione di Gerusalemme. E sono considerati tra i Paesi più vicini dell’area a Israele.

I morti di Gaza convinceranno gli Stati Uniti a fare un po’ più di pressione su Israele per ottenere una condotta meno violenta della guerra e magari anche che tacciano le armi? Gli USA si sono indignati davanti alle persone decedute, però hanno votato subito a favore di Israele all’ONU. Continueranno così?

Biden ha visto nelle primarie del Michigan quali sono i risultati della sua politica: la comunità araba gli ha girato le spalle. Le posizioni apparentemente moderate degli americani le vedo come l’aspirina che si dà a una persona in punto di morte. Cercano di tenere buono il loro elettorato, ma se sono una grande potenza, le loro parole non possono restare ignorate così dagli israeliani. Non riesco a capire il perché di questo accomodamento.

In Cisgiordania un palestinese ha ucciso un uomo e un ragazzo di 16 anni e subito i coloni hanno organizzato altre azioni contro i palestinesi. Un territorio che è veramente sul punto di esplodere?

Le incursioni in Cisgiordania sono continue. L’autore palestinese dell’attentato è un ufficiale della polizia investigativa locale: vuol dire che ormai il malumore serpeggia anche in quelle istituzioni che i palestinesi considerano schierate con Israele. Un brutto segnale anche per il governo dell’ANP, che qualche giorno fa ha rassegnato le sue dimissioni. La politica israeliana delle incursioni ha danneggiato il 39% delle attività della West Bank. Ho sempre detto che di questo passo la Cisgiordania prima o poi esploderà. Una considerazione che adesso vale più di prima.

Anche gli USA temono che Israele attacchi il Libano: i segnali di guerra sono sempre di più?

Gli israeliani hanno detto che attaccheranno quando finirà la stagione delle piogge. Il governo Netanyahu, intanto, ha prorogato fino a luglio l’evacuazione della gente, circa 100mila persone, che abita nel Nord di Israele. Non potranno tornare nelle loro case fino ad allora. Cosa vuol dire? Siamo solo ai primi di marzo.

Se l’obiettivo degli israeliani, più o meno, è di fare a Hezbollah quello che stanno facendo ad Hamas, vuol dire che per raggiungerlo sono disposti anche a distruggere il Libano?

Ogni giorno, dalle alte sfere della politica israeliana, arrivano messaggi che dicono: “Basta con Hezbollah”. Il Libano ha già subito moltissimi danni, ha avuto case distrutte, popolazione sfollata. Ma è chiaro che un’eventuale guerra non sarà una passeggiata.

Da alcuni esponenti israeliani trapela la volontà di fare in Libano quello che hanno fatto a Gaza, tabula rasa. Potrebbe succedere veramente?

Sì. E noi lo abbiamo sperimentato nel conflitto del 2006, quando abbiamo visto quello di cui sono capaci gli israeliani: Beirut era rasa al suolo, il Sud idem. Però stavolta, a differenza di allora, Hezbollah ha missili che possono arrivare fino a Eilat. La loro capacità missilistica è molto cambiata: i danni saranno da una parte e dall’altra. Inoltre, se adesso ci sono 100mila evacuati dal nord di Israele, in caso di invasione del Libano, diventeranno 2 milioni. Israele è pronto anche a questo?

(Paolo Rossetti)

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