L’affondamento dell’incrociatore Moskva forse aprirà nuove prospettive nel lungo termine, dice Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver. Ora i russi potrebbero spingere non solo sul Donbass, come è ormai ampiamente prevedibile, ma anche sul fronte di Kryvyi Rih, nel sud del Paese, per cogliere gli ucraini di sorpresa. È la città di Zelensky e la porta dell’Ucraina centrale, spiega Indelicato.
A 50 giorni dall’inizio del conflitto, le forze di Kiev, oltre a resistere e infliggere gravi perdite alla Russia come nel caso del Moskva, grazie al supporto Nato dimostrano di esserci e di essere capaci di azioni imprevedibili. La Russia invece, con l’annuncio di Finlandia e Svezia di voler entrare nella Nato, ha conseguito una sicura sconfitta politica.
L’affondamento del Moskva rappresenta di fatto una svolta nel conflitto. Perché e sotto quale punto di vista?
È una svolta soprattutto a livello psicologico, fattore assolutamente da non trascurare in guerra. Il Moskva è sempre stato protagonista in tutti i teatri di crisi riguardanti la Russia nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Quando nel 2013 l’allora presidente Usa Barack Obama espresse l’intenzione di bombardare la Siria, dal Cremlino non si esitò a mandare nel Mediterraneo il Moskva a difesa delle coste siriane. Quando un mezzo del genere viene affondato, a inabissarsi è anche il morale di chi ha subito il colpo.
Pesa solo su chi sta combattendo sul campo?
No, anche all’interno delle stanze del Cremlino. Inoltre occorre aggiungere quanto vantaggio questa situazione sta dando alla propaganda ucraina. È bene ricordare che il famoso episodio di inizio guerra, quello secondo cui dei soldati ucraini abbiano risposto platealmente a una richiesta russa di arrendersi sull’Isola dei Serpenti, ha avuto il Moskva come protagonista. E Kiev sta adesso presentando l’affondamento del Moskva quasi come un “segno del destino”.
Possiamo dire che i fatti sono andati secondo la versione ucraina?
Venerdì pomeriggio è arrivata la conferma anche del Pentagono della versione di Kiev, secondo cui il Moskva era stato colpito da due missili Neptune. I dubbi su quanto avvenuto oramai sembrerebbero pochi. Ma pur ammettendo per un attimo che non si sia trattato di un raid nemico ma di un incidente: per Mosca, perdere anche solo accidentalmente la nave ammiraglia nel Mar Nero, vuol dire riscoprirsi molto vulnerabile. Ad ogni modo gli indizi tendono a confermare il lancio di due missili contro il mezzo.
L’incrociatore era toppo vicino a Odessa?
È possibile. Un’altra prova a favore della versione ucraina è data dal fatto che i russi avrebbero fatto repentinamente allontanare le altre navi della flotta di almeno 80 miglia.
Quanto è importante il supporto che le forze Nato mettono a disposizione dell’Ucraina in questo momento?
L’apporto dell’intelligence occidentale, soprattutto statunitense e britannica, è forse l’elemento decisivo della guerra. Gli ucraini stanno combattendo certamente con molta tenacia e stanno facendo tutto ciò che è nelle loro possibilità, ma le azioni di difesa di Kiev senza le informazioni girate da Washington e Londra difficilmente avrebbero potuto avere una qualche forma di successo.
In concreto?
Gli ucraini sanno molto circa gli spostamenti dei principali reparti russi e dei principali mezzi di Mosca. Informazioni che da sola l’intelligence di Kiev non sarebbe stata in grado di possedere. Il Pentagono ha messo in piedi una vasta rete di osservazione che sta di fatto agevolando il lavoro degli ucraini.
Qual è adesso l’obiettivo delle forze ucraine?
Credo che Kiev voglia in primo luogo far credere ai propri soldati e ai propri cittadini che è possibile vincere la guerra. Le operazioni di propaganda di queste settimane sono rivolte essenzialmente al proprio interno e a tenere unita l’opinione pubblica, evitando il disfacimento politico e militare dell’attuale apparato ucraino. Che poi, a ben pensarci, era forse il primo vero obiettivo russo. In questa maniera inoltre l’Ucraina può prendere del tempo prezioso, essenziale per aspettare ulteriori rifornimenti dall’Occidente e logorare la controparte.
Ritieni che il governo ucraino pensi ad un contrattacco vero e proprio?
È ancora presto invece per parlarne. È vero che le cose per gli ucraini stanno andando meglio del previsto, ma non occorre dimenticare che l’esercito ha comunque subito perdite ingenti dalle azioni russe, sia a livello di uomini che di mezzi. Le forze armate ucraine sono logore e non è detto che abbiano, almeno in questa fase della guerra, la possibilità di contrattaccare.
E per quanto riguarda gli obiettivi della Russia? Potranno mutare?
Non credo che i piani subiranno modifiche, perché già oggi il Cremlino sta puntando su obiettivi che alla vigilia del conflitto erano considerati “minimi”, ossia la conquista del Donbass e di Mariupol. Impossibile cioè tirare ancora al ribasso sui piani militari originari. L’affondamento del Moskva forse aprirà nuove prospettive nel lungo termine.
Quali potrebbero essere?
In primis la rinuncia a uno sbarco a Odessa. In secondo luogo, la prospettiva di vedere dei piani generali differenti sull’intera azione in Ucraina, specie quando lo stesso Putin chiederà conto e ragione delle tante perdite subite.
Una tua opinione su due quadranti: uno è quello di Kiev.
Kiev per il momento non è più un fronte di guerra. I russi hanno ultimato l’evacuazione delle proprie truppe attorno la capitale, così com’era stato annunciato il 30 marzo scorso. Nei prossimi giorni a Kiev si potrebbe vedere il ritorno a una vita quasi normale, un po’ come a Leopoli, dove cioè la guerra imperversa quando arriva il rumore delle sirene di allarme aereo, ma senza lo spettro di imminenti azioni di terra nelle vicinanze.
E per quanto riguarda Izyum?
Qui invece i russi sono ben presenti e hanno in mano questa strategica cittadina situata tra Kharkiv e il Donbass da più di una settimana. Se i russi dovessero avanzare ulteriormente, si potrebbero dirigere senza grossi problemi sia verso est, assediando città importanti quali Severodonetsk e Sloviansk, sia verso sud e quindi le importanti province di Dnipro e Zaporizhzhia. Dunque ben si comprende l’importanza dei futuri movimenti militari da queste parti.
Al momento com’è la situazione?
Abbastanza statica, con gli ucraini che provano a consolidare le difese e a rallentare l’iniziativa delle truppe di Mosca. Probabilmente entrambi gli eserciti si stanno studiando in attesa dell’inizio della battaglia vera e propria.
Qual è il tuo scenario per le prossime due settimane?
Credo che la Russia spingerà nel Donbass, provando ad assediare le località degli oblast di Donetsk e Lugansk ancora in mano ucraina. Mosca vorrà premere sull’acceleratore per rispondere alle recenti battute d’arresto in termini di immagine. Attenzione poi all’apertura di un possibile nuovo fronte, lì dove gli ucraini potrebbero essere colti di sorpresa.
Vale a dire?
Mi riferisco al fronte di Kryvyi Rih, nel sud del Paese. La città è importante per due motivi. A livello strategico, la sua conquista aprirebbe le porte alla vasta campagna dell’Ucraina centrale. A livello simbolico invece Kryvyi Rih è la città natale del presidente Zelensky. Mosca potrebbe quindi mettere pressione su questo lato salendo dalla regione di Kherson, conquistata già nei primi giorni di guerra. Ieri lo stesso esercito di Kiev ha lanciato un monito: il fronte è a soli 50 km dal centro di Kryvyi Rih e dunque lo scenario potrebbe a breve farsi preoccupante per gli ucraini.
Sappiamo cosa intendono fare Finlandia e Svezia. Come giudichi la risposta russa?
È una sconfitta a livello politico. Mosca ha mostrato i muscoli in Ucraina per evitare ulteriori allargamenti della Nato verso est. Se per far desistere Helsinki e Stoccolma dal proposito di entrare nell’Alleanza deve ricorrere alla minaccia dello schieramento di armi nucleari, vuol dire che la strategia politica del Cremlino si è rivelata fallimentare.
(Federico Ferraù)
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