Dal 22 dicembre, il Governo è in apnea, a ragione delle elezioni del Capo dello Stato e soprattutto del fatto che il presidente del Consiglio, nella conferenza stampa pre-natalizia, si è, più o meno implicitamente, candidato alla carica. Senza peraltro avere successo. In queste sei settimane circa, il mondo non si è fermato, soprattutto sotto il profilo economico e sociale. In primo luogo, a ragione in gran misura della nuova ondata della pandemia, la ripresa internazionale – e quindi quella dell’Italia- è in fase di rallentamento. 



In secondo luogo, l’inflazione è meno temporanea di quello che sembrava alla fine del 2021: in questi giorni – pochi lo hanno notato – la Federal Reserve americana ha deciso un primo aumento dei tassi a cui ne seguiranno forse alti due prima della fine del 2022. A questo si potrebbe accompagnare un Quantitative tightening (Qt), una riduzione dei titoli di Stato che la Fed ha acquistato al culmine della pandemia. Gli investitori non stanno aspettando: hanno svenduto azioni e obbligazioni nelle ultime settimane, Non è detto che la Banca centrale europea segua pedissequamente la Fed. Così come nel 2012 dovette varare una politica di Quantitave easing che negli Usa era iniziata due anni prima, occorre vedere quando e come seguirà la Fed nel Quantitative tightening. Nel nuovo scenario è difficile ipotizzare, come fanno alcuni economisti che dicono di essere “vicini” al presidente del Consiglio, che la Bce parcheggi per diversi anni i titoli italiani acquistati durante la pandemia.



In terzo luogo, l’aumento dei corsi delle materie prime (non solamente del gas) stanno comportando un incrementi di costi di beni essenziali per le famiglie – dal riscaldamento all’illuminazione e ai generi alimentari. Ciò, in aggiunta, in una fase in cui i redditi reali per i ceti medi e medio bassi sono in fase di compressione. Aggravando, quindi, i problemi sociali connessi alle diseguaglianze. La situazione potrebbe diventare molto più seria se si inasprissero le tensioni in Europa orientale.

In quarto luogo, la pandemia. C’è una riduzione del numero dei nuovi contagi giornalieri, ma i dati sui decessi continuano a essere estremamente preoccupanti. Inoltre, gli scienziati delineano il rischio di nuove varianti.



In quinto luogo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è ancora in fase di decollo sia per quanto attiene alle riforme, sia per quanto concerne gli investimenti (il cui volume potrebbe dover essere ridotto a causa degli aumenti dei costi).

Affrontare questi cinque capitoli (che, peraltro, sono unicamente i principali) richiede un Governo coeso, con una barra dritta alla guida, e un rapporto produttivo, di stretta collaborazione, con il Parlamento.

Nella settimana, che si è appena conclusa, le forze politiche hanno tentato (senza successo) di fare la quadratura del cerchio: giungere simultaneamente a posizioni condivise sia nei due perimetri rispettivamente del centrodestra e del centrosinistra, sia nella coalizione di Governo. Non ci sono riusciti. Sono stati costretti a chiedere all’attuale capo dello Stato di restare al suo posto “per il bene e la stabilità del Paese”.

Il Governo esce dalla settimana di elezioni del presidente della Repubblica profondamente indebolito. Non solo è parso evidente che la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2023 è già iniziata e viene condotta senza esclusione di colpi, ma si è avuta la dimostrazione che, tranne che un partito che è all’opposizione (Fratelli d’Italia), i leader non hanno alcuno controllo dei gruppi parlamentari. Con leader deboli, con il Presidente che ha perso smalto, con una campagna elettorale in cui si contrappongono forze politiche che pur fanno parte dello stesso Esecutivo, è difficile vedere come verranno affrontate le cinque sfide economiche e sociali riassunte in questa nota.

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