Nell’arco di poche settimane ci sono stati dei verdetti politici importanti, nell’Ue, in Gran Bretagna e in Francia. In quest’ultimo caso a uscire vincitore dalle urne è stato l’inedito Nuovo fronte popolare, che ha riunito socialisti, comunisti, verdi e sinistra radicale con l’obiettivo di frenare l’avanzata del Rassemblement National. Secondo Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, si tratta di un risultato che mostra «come la destra riesca a guadagnare consensi grazie allo scontento, ma perda poi di slancio quando cerca di governare. Vedremo se succederà lo stesso anche negli Stati Uniti».
Se c’è uno scontento che alimenta la destra, significa anche che le altre forze politiche hanno difficoltà a governare bene…
Sicuramente. Se vogliamo dirlo con cinque parole: nessuno sa che cosa fare. E questo lascia tutto il mondo in una situazione di incertezza, come in una navigazione senza bussola, perché non si sa chi governerà e come. Paghiamo lo scotto di 20-25 anni in cui l’analisi politica seria è stata sostituita da slogan e battute che durano il tempo, appunto, di una battuta.
C’erano timori sulle conseguenze che una vittoria del Rassemblement National avrebbe causato sui mercati. Gli investitori sono più tranquilli dopo la vittoria del Nuovo fronte popolare?
Non penso, in quanto il Nuovo fronte popolare è molto eterogeneo, comprende forze dell’estrema sinistra e non credo che sappia bene cosa fare di fronte a un bilancio pubblico che non è poi tanto migliore di quello italiano, soprattutto sul fronte del deficit. Non a caso anche la Francia è oggetto di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea. Gli investitori potrebbero, quindi, decidere di lasciare un’Europa dove regna l’incertezza, ma dove potrebbero andare? Negli Stati Uniti la situazione non è poi tanto diversa.
In effetti, non è ancora ben chiaro se Biden correrà alle presidenziali di novembre o meno.
La situazione negli Stati Uniti è forse il maggiore dei problemi di questa estate che, meteorologicamente parlando, non sembra essere ancora iniziata nel nord Italia. C’è un’incertezza mai vista riguardo le convention dei due partiti che si terranno a breve. Mi sembra che i Democratici siano sostanzialmente d’accordo a candidare un sostituto, ma Biden non pare proprio intenzionato a farsi da parte.
Torniamo all’Europa. L’asse franco-tedesco non sembra comunque rafforzato dopo il voto di domenica. Ritiene che almeno nella Commissione europea, che sarà con tutta probabilità guidata ancora da Ursula von der Leyen, si abbiano le idee chiare sul programma della legislatura appena iniziata?
No. Mi sembra che finora la compattezza europea si sia avuta sostanzialmente sul sostegno all’Ucraina, che sta diventando sempre più problematico, soprattutto per le richieste di Kiev. La von der Leyen, anche per la sua storia personale, sarebbe favorevole a un aiuto deciso all’Ucraina, ma deve fare i conti con le risorse limitate che ha a disposizione l’Ue. Io ritengo che, al di là del sostegno a Kiev, con la Russia occorra dialogare. Ne ha soprattutto bisogno la Germania, per la quale le forniture energetiche di Mosca sono state cruciali. L’economia tedesca oggi sembra non riuscire a ripartire e vede la propria industria automobilistica minacciata dai concorrenti cinesi.
Ha fatto quindi bene Orban a parlare con Putin?
Secondo me, non ha fatto male. Scambiarsi delle idee, capire il punto di vista dell’altro è una cosa che va fatta. Che Orban lo abbia fatto come Presidente dell’Ungheria o come Presidente di turno dell’Ue non è importante, quello che conta è parlarsi.
La riporto alla Cina. Il ministro Urso pochi giorni fa è stato a Pechino: l’Italia può mantenere buoni rapporti con il gigante asiatico nonostante gli ultimi dazi introdotti dall’Ue?
Penso di sì. Noi italiani con i cinesi ci siamo sempre trovati abbastanza bene: ci capiamo, non abbiamo mai avuto grossi problemi negli scambi e nei colloqui. Fortunatamente siamo anche in una fase in cui i fondamentali dell’economia italiana vanno curiosamente abbastanza bene rispetto ad altri Paesi europei.
In generale in Europa ci aspetta una stagione di maggior rigore con una stretta sui conti pubblici di diversi Paesi. Contemporaneamente la Bce dovrebbe lasciare i tassi alti. Non sarà un problema?
È difficile rispondere vista la situazione incerta in cui ci troviamo. Secondo me, la soluzione migliore sarebbe quella di dare più libertà di manovra alla Bce per rendere più strutturale la possibilità di intervenire sul mercato secondario dei titoli di stato a sostegno dei Paesi che ne hanno bisogno, senza passare attraverso procedure che possono dar luogo a scontri politici o a programmi ancora mai utilizzati come il Tpi.
(Lorenzo Torrisi)
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