Per le economie europee – in particolare quelle tedesca e italiana molto dipendenti dall’export – la vittoria di Biden, democratico centrista e incline a relazioni armoniche con gli alleati, apre la prospettiva di un trattato commerciale euroamericano a condizioni più favorevoli di quelle tratteggiate da Trump. Ciò spiega i calorosi messaggi di congratulazioni a Biden da tutti i governi rilevanti dell’Ue.



Colpiscono, poi, le dichiarazioni di Manfred Weber, segretario tedesco del Partito popolare europeo: non solo ha proposto l’avvio di negoziati per un trattato doganale simile a quello tra Ue e Canada (abolizione del 99% dei dazi), ma ha anche sollecitato una convergenza euroamericana per fronteggiare la minaccia cinese. Ciò è sorprendente perché finora la Germania ha frenato la “nemicizzazione” della Cina in quanto suo principale mercato per l’export.



Qualcosa ha cambiato l’analisi geostrategica tedesca: l’evidenza che il regime cinese è ora un concorrente industriale, tra l’altro diventato tale grazie all’appropriazione non corretta di tecnologia, e un competitore geopolitico che mira al dominio dell’Eurasia mentre Berlino considera l’est europeo e la Russia – che forse sta entrando in un periodo di instabilità – un proprio spazio vitale. In sintesi, Berlino ha bisogno del mercato statunitense e di un rafforzamento della Nato. E ciò riporterà l’Ue sull’asse atlantico, scenario di grande vantaggio anche per l’Italia.



Ma potrà e vorrà l’America riconvergere? Sul piano economico ciò dipende dalla capacità di Biden di contenere l’estrema sinistra del Partito democratico molto più protezionista di Trump. Se il Senato restasse in mani repubblicane, Biden, costretto al compromesso, avrebbe più facilità nel respingere l’estremismo. Ma sul lato repubblicano dovrebbe prevalere il centrismo. Possibile, ma non scontato.

L’altro problema è la priorità statunitense verso il Pacifico che toglie rilevanza all’Ue. Dovrà essere bilanciata da un maggior attivismo globale europeo.

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