C’è attesa per le decisioni della Federal Reserve di oggi e per le parole che pronuncerà il Presidente Jerome Powell in conferenza stampa. Intanto il segretario al Tesoro Janet Yellen ha spiegato che il Governo Usa è pronto ad aumentare le garanzie sui depositi se la crisi bancaria, aperta dal fallimento di SVB, dovesse aggravarsi.
Come ricorda Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «esistono certamente canali di collegamento tra struttura finanziaria ed economia reale che possono provocare un problema di rallentamento della crescita di cui tutti i Paesi hanno bisogno, ma la situazione non è così dirompente come 15 anni fa. Tuttavia, quello che sta accadendo mette in luce che quel che è stato fatto finora, in Europa in particolare, non basta».
Da che punto di vista?
Dal punto di vista delle regolamentazioni che sono state adottate per cercare di rafforzare le banche e meglio supervisionarle per evitare nuovi problemi. A me sembra che questi controlli non riescano a cogliere almeno due aspetti di rilievo.
Quali?
Il primo è collegato al classico spauracchio di tutti i regolatori, la corsa agli sportelli, che oggi presenta aspetti più sofisticati rispetto al passato. Basti pensare all’esistenza e alle interconnessioni con lo shadow banking, sistema costituito da società che raccolgono capitali e li investono, ma non essendo formalmente banche non sono soggette a particolari norme e controlli. Lo shadow banking rappresenta una mina vagante.
E il secondo aspetto che non viene completamente colto dai controlli?
L’equilibrio tra attività e passività a livello temporale. Come si è visto nel caso di SVB, un eccessivo sbilanciamento verso investimenti in obbligazioni a lunga scadenza ha determinato un forte problema a fronte di depositi che sono stati ritirati in breve tempo. Non bisogna, comunque, trascurare i fattori scatenanti di questa situazione.
Di che cosa si tratta?
Il primo è l’avidità, il secondo è il rapido aumento dei tassi dopo un lungo periodo in cui erano stati mantenuti a zero o sotto zero. Nel caso di SVB, questo secondo fattore ha causato uno spiazzamento dovuto alla svalutazione delle obbligazioni che erano state acquistate in passato. Io credo che gli stress test, cioè la buona pratica, suggerita anche da tutti i manuali, di verificare qual è il grado di solidità di una struttura, dell’attivo e del passivo, andrebbero fatti spesso.
C’è molta attesa per le mosse della Fed. Secondo lei, cosa farà la banca centrale americana?
Se fermasse il rialzo dei tassi trasmetterebbe un segnale non positivo, perché vorrebbe dire che la situazione è così grave da richiedere un’interruzione della politica monetaria restrittiva intrapresa per fermare l’inflazione. D’altra parte, però, considerando anche che tra meno di un anno inizieranno le primarie per le presidenziali, non penso che ci saranno impennate negli aumenti dei tassi. È molto probabile, quindi, che ci sarà un rialzo di un quarto di punto.
La scorsa settimana la Bce ha alzato i tassi di mezzo punto. Cosa farà, a suo avviso, nei prossimi mesi?
L’inflazione è una media generale. Ho studiato bene i dati italiani e la variabilità tra settori è in diminuzione da almeno 3-4 mesi. Sembrerebbe, quindi, che il picco sia già stato raggiunto. Questo vuol dire che ci sono le premesse per una discesa dell’indice dei prezzi.
E rispetto alla politica monetaria questo cosa ci dice?
Finora la Bce ha seguito la Fed, ma credo che da questo momento in poi, con l’avvicinarsi anche delle elezioni americane, le strade delle due banche centrali si divideranno. Per l’Europa potrebbe esserci una tendenza a una discesa dell’inflazione, quindi si può rallentare il rialzo dei tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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