L’esplosione a Bargi di Suviana, nel bolognese, è solo l’ultimo di una lunga serie di incidenti sul lavoro che continuano a segnare le cronache e nei primi due mesi del 2024, secondo i dati aggiornati da Inail, si è arrivati a 119 morti con un +19% sullo scorso anno.
La salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è una questione di scelta: si vuole investire sulla valorizzazione delle persone e delle loro competenze oppure risparmiare sulla loro protezione?Investire su salute e sicurezza vuol dire disinvestire sulla gestione degli accadimenti infortunistici, delle malattie professionali riducendo i costi del Servizio sanitario nazionale.
L’obiettivo 8 dell’Onu sul lavoro dignitoso “Proteggere il diritto al lavoro per promuovere un ambiente lavorativo sano e sicuro” deve essere l’obiettivo del Governo, della politica, del sindacato e dei datori di lavoro. Per questo il Governo deve utilizzare l’avanzo finanziario annuale di Inail (oramai non più una virtù, ma una patologia) affinché l’Istituto possa assumere, con maggior celerità e con pochi vincoli burocratici, nuovi dipendenti per ottemperare al suo ruolo di erogatore di servizi agli infortunati e ai tecnopatici, di formatore e di rendere ancor più concreto l’impegno sulla prevenzione, ma anche per un miglioramento delle rendite e dei premi riconosciuti ai lavoratori e alle lavoratrici colpiti dall’infortunio, alle loro famiglie e per coloro che hanno perso la vita durante l’attività lavorativa, non dimenticando quelli che l’hanno persa per i tumori polmonari e asbesto causati dalle lavorazioni con amianto.
Ogni anno Inail mette a disposizione delle aziende cospicue risorse finanziarie per prevenire gli accadimenti infortunistici. Si tratta di risorse a fondo perduto fino al 65% e sono indirizzate alla sostituzione di macchine, attrezzature e impianti oltre che per la rimozione dell’amianto, che ancora persiste in molti siti produttivi. Questi investimenti, che non sono dei costi, servono per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, per una qualificazione progressiva del lavoro e del tessuto economico e produttivo, salvaguardando chi lavora.
Le morti plurime di Brandizzo, di Firenze e le ultime nella centrale di Bargi hanno delle analogie, quella degli appalti e dei subappalti. Le deroghe normative, imposte dall’Ue, sugli appalti e subappalti, spesso si traducono in un risparmio sul costo del lavoro e in una deresponsabilizzazione del committente. Preme ricordare che il subappalto è un contratto mediante il quale l’appaltatore, incaricato di realizzare un’opera o un servizio dal committente, affida a sua volta a un altro soggetto il compimento degli stessi lavori. L’oggetto del subappalto è lo stesso del contratto di appalto, cioè l’esecuzione dell’opera o del servizio del committente. In sostanza, è una delega all’esecuzione dei lavori ordinati dal committente. Nel settore dell’edilizia il subappalto molte volte aumenta il rischio di un lavoro già denso di pericoli, per questo occorre operare sul subappalto quando non corrisponde a un’impresa specialistica, dotata di apparecchiature e lavoratori specializzati. Perché queste imprese si aggiudicano l’appalto, ma non lavorano in un cantiere, limitandosi a dividere le lavorazioni ricorrendo al subappalto, dove spesso vengono applicati altri contratti, come quello dei metalmeccanici evitando così gli obblighi di formazione e prevenzione previsti dagli accordi nazionali del settore edile, sfruttando anche cittadini stranieri costretti a lavorare in nero. Per questo è importante allargare il perimetro di tutela dei lavoratori per i grandi appalti privati su cui vanno applicate le regole dei cantieri pubblici che prevedono le garanzie di qualità, la trasparenza, la regolarità contributiva e contrattuale, attraverso la modifica del Decreto legge sul Pnrr in discussione in Parlamento.
Il Governo deve anche definire al più presto una Strategia nazionale in materia di salute e sicurezza, e aggiornare la Legge 81/2008 assicurando in ogni realtà lavorativa un’adeguata sorveglianza sanitaria, Inoltre, deve realizzare una campagna straordinaria sulla sicurezza, anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte. Dovrebbe anche sollecitare, attraverso gli organi di vigilanza e controllo, ispezioni coordinate nei cantieri pubblici delle grandi opere e in tutti i luoghi di lavoro.
La concretizzazione della formazione per tutti i datori di lavoro, un’adeguata organizzazione del lavoro che metta in relazione mansioni, età, competenze e salute, rappresenterebbero un passo determinante per un cambiamento radicale nel sistema di prevenzione e alcuni di questi temi potrebbero essere oggetto di lavoro della nuova Commissione, istituita giovedì dal Ministro Nordio sulla prevenzione e contro gli infortuni sul lavoro, nella speranza che non vengano regolate solo le norme sanzionatorie.
Non v’è dubbio che oggi il mercato del lavoro ha assunto, in maniera sempre più deviata il significato di competizione e concorrenza. I modelli di organizzazione di un’impresa sono spesso orientati alle esternalizzazioni e al decentramento produttivo e questa scelta organizzativa porta dei rischi aggiuntivi che complicano la tutela di infortuni e malattie professionali. Non è poi da trascurare un ulteriore elemento che condiziona pesantemente l’organizzazione del lavoro a causa della ricerca della massimizzazione dei profitti, che scarica e impone i maggiori sacrifici proprio all’anello più debole e indifeso della catena: condizioni di lavoro al ribasso per aumento di carichi di lavoro, estrema flessibilità degli orari di lavoro e bassa retribuzione.
In un convegno organizzato giovedì a Roma da Inail e da Accredia (Ente Italiano di Accreditamento del ministero dell’Economia e delle Finanze) sulla efficacia delle certificazioni volontarie è emerso che purtroppo in Italia abbiamo solo 32.000 delle 3,7 milioni aziende certificate e accreditate per la salute e sicurezza, ma l’aspetto più importante di questa indagine è che le aziende accreditate hanno meno infortuni e questi sono meno gravosi rispetto a quelle non certificate. Per questo è importante che venga regolamentato il sistema delle certificazioni volontarie aiutando le imprese a sostenere il costo dell’accreditamento per la salute e la sicurezza.
Chi lavora deve pretendere la sicurezza e impegnarsi in prima linea affinché nei luoghi di lavoro questa sicurezza sia effettiva. Oltre alla formazione dei datori di lavoro, bisogna pretendere che nelle aziende ci siano investimenti nelle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma anche garantire sempre di più il modo di lavorare. Naturalmente la tecnologia deve essere utilizzata senza disattivare i sistemi di sicurezza come purtroppo è successo. Anche in questo caso è importante la formazione, l’informazione e l’addestramento, perché una persona impara come muoversi su un’impalcatura, come si produce e come viene utilizzato un impianto, un macchinario, un trattore, una gru.
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