Vince il centrosinistra in Sardegna. Forse è il primo “squillo di tromba”, come ha detto Pier Luigi Bersani, di Elly Schlein e contemporaneamente è una sconfitta, forse la prima volta in termini chiari, del centrodestra di Giorgia Meloni. M è una vittoria sul filo di lana e la presidente della Regione non è una donna del Pd, bensì una seguace di Giuseppe Conte e del “guru” Beppe Grillo.



Di fronte a questo risultato, c’è subito una considerazione di fondo da fare sulle elezioni regionali della Sardegna. Più specificamente, chi oggi, sia in Sardegna, come in Italia, rappresenta veramente la sinistra? Bisognerebbe aggiungere, anche se ci si trova di fronte a elezioni regionali: chi rappresenta veramente l’opposizione al governo di Giorgia Meloni? Il cosiddetto “campo largo” chiuderà polemiche e incomprensioni all’interno del Pd? La risposta è tutt’altro che facile.



I cenni che faremo sulla giornata elettorale sono certamente pieni di contraddizioni e possono indurre a diverse analisi e a valutazioni differenti. Ma anche la politica si deve arrendere di fronte alla matematica: Il Partito democratico, la formazione che ha raccolto la tradizione della sinistra della prima repubblica, quale prospettive avrebbe senza il “campo largo” e cioè l’accordo (che divide anche il Pd all’interno) con il M5s di Giuseppe Conte?

Non è solo Alessandra Todde, la candidata unitaria, che mette quasi in seconda linea il Pd, a farlo è tutta una visione politica ricca di contraddizioni, che ingaggia alla fine una gara con alcune scelte storiche della sinistra italiana.



Durante i telegiornali delle 13:30 di ieri, c’era uno scarto di 230 voti tra la pentastellata Alessandra Todde, in rappresentanza del centrosinistra nel “campo largo”, e Paolo Truzzu, ex sindaco di Cagliari, voluto da Giorgia Meloni come candidato del centrodestra per guidare la Regione.  Si è sviluppato su questi due nomi un testa a testa micidiale, che sembra ricalcare anche in Sardegna la polarizzazione che c’è in Italia.  Ma attenzione, quei 230 voti di scarto erano il risultato di 139 sezioni scrutinate su 1.844, nemmeno il 10% dei votanti. Mezzora dopo, la situazione si era rovesciata, con il centrodestra che era andato in vantaggio. Un’altalena incredibile.

E pensare che quando lo scrutinio era partito in prima mattinata, Alessandra Todde, su un numero molto limitato di sezioni, cinque e poi dieci, aveva accumulato un distacco di oltre 13 punti, che a tanti analisti appariva subito come una tendenza. E ancora adesso, mentre scriviamo e mancano 180 sezioni, Todde è davanti a Truzzu di 1.096 voti.

Il fatto è che le elezioni in Sardegna danno anche un’immagine piuttosto incerta, diciamo così, della velocità degli scrutatori. Domenica sera si era affermato che la percentuale dei votanti era aumentata rispetto alle precedenti elezioni. Stamattina è arrivata la sorpresa che invece alle urne sono andate meno persone dell’ultima volta. Quindi lo scrutino a rilento, con un fattore che ha dell’incredibile: se entro le 7 di sera non ci fosse stato un risultato chiaro, sarebbe arrivata la magistratura e si sarebbe messa  a ricontare tutte le schede. Alla faccia delle divisione dei poteri!

A parte questo, per tutta la giornata di ieri si è dibattuto sul “giallo” del voto disgiunto. In altri termini, all’interno delle coalizioni, sia di centrodestra che di centrosinistra si pensa ci siano stato abilissimi “traditori” che hanno sconvolto le stesse coalizioni per le contrapposizioni che ci sono al loro interno.

E c’è un’altra analisi da fare: il voto differente tra le città grandi e le piccole città, i luoghi di campagna della Sardegna. Non è un caso che la partenza a razzo della Todde è stata calcolata su alcune sezioni di Cagliari e di Sassari. Il testa a testa è arrivato subito dopo lo scrutinio di altri territori, soprattutto al nord dell’Isola. Poi alla fine la vittoria sul filo del rasoio.

Ma esaminata la giornata e a una prima analisi dei voti che arrivavano da città e territori, il tema principale resta il nodo della sinistra, in una zona che tradizionalmente votava la sinistra e poi è stata quasi sbalzata via dai segretari del Pd che si sono succeduti e dall’incalzare della forza populista per eccellenza, cioè i vecchi grillini cresciuti tra mille giravolte che, in questo momento, sono approdati al “campo largo” con la sinistra che dovrebbe essere quella classica.

Allora che cosa produce tutto questo? Già nel voto disgiunto si è compreso che persone del Pd hanno preferito o astenersi o addirittura dirottare su altri lidi. E inevitabilmente quando saranno valutate più attentamente le votazioni, sarà inevitabile che nel Pd si arriverà a un chiarimento e probabilmente di tutto l’impianto del Pd, non solo a causa di questa circostanza particolare.

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