Centomila turisti a Venezia nel recente weekend. Turisti per lo più di prossimità e da toccata e fuga, quel mordi&fuggi che fino al 2019 era demonizzato e che poi, nel day after dello scoppio del Covid, era rimasto a lungo un ricordo fiabesco, un miraggio nel deserto urbano, nell’assenza, e nella povertà che ha visto annullato più di un posto di lavoro su quattro (144 mila, secondo l’osservatorio dell’Ente Bilaterale del turismo) e che adesso rende difficile la ripartenza, dato che molti degli stagionali stranieri rimasti disoccupati sono rientrati nei loro Paesi, e che molti di quelli italiani si sono dovuti riciclare diversamente.
Un intero capitale umano frantumato e disperso, fenomeno che sta aprendo le porte a nuovi precariati, professionalità improvvisate, lavoro nero o grigio.
Il turismo flash, il mordi&fuggi, con le derive di overtourism e di sfinimento dei territori e soprattutto delle delicate città d’arte, è però diventato adesso anche conseguenza delle limitazioni all’incoming, che riservano le destinazioni ai vacanzieri di giornata: tante, forse a volte anche troppe presenze, praticamente zero pernottamenti. Le frontiere socchiuse, o comunque i vincoli agli stranieri in arrivo (tamponi e quarantene), hanno finora depresso le loro presenze ma soprattutto i loro necessari soggiorni, con relativi consumi non solo nell’ospitalità, ma anche nello shopping, nella ristorazione e nei servizi.
La situazione però si sta evolvendo. Le quarantene sono state abolite e il green pass italiano consente la circolazione a tutti i viaggiatori (italiani e non) guariti dall’infezione, o in possesso di un recente tampone negativo, o con la certificazione di vaccinazione eseguita. Questo da giugno. Da luglio dovrebbe arrivare poi l’EU Digital Covid Certificate, stesse finalità di garantire la circolazione tra Stati, ma con qualche incertezza residua. A differenza del pass italiano, ad esempio, quello europeo (dopo estenuanti discussioni) riserva il via libera ai vaccinati ma con entrambe le dosi, se previste, e lascia alle singole nazioni la discrezionalità di validare anche chi vaccinato solo con un’inoculazione; accetta solo test molecolari (incertezza sui tempi: 48 o 72 ore prima del viaggio), ma lascia liberi gli Stati membri di approvare o meno anche quelli antigenici rapidi; e lascia discrezionalità sull’istituzione o meno di quarantene o altre misure di restrizione.
La Commissione Ue ha anche sottolineato che non sarà un documento di viaggio, che manca ancora l’approvazione definitiva del Parlamento e del Consiglio europeo, e che i turisti, prima di mettersi in viaggio, è bene controllino le eventuali misure restrittive adottate nelle loro destinazioni, ritenute localmente “…necessarie e proporzionate alla salvaguardia della salute pubblica in risposta alla pandemia”. Il certificato Ue (gratuito, dall’1 luglio) sarà disponibile in formato digitale o cartaceo, in tre varianti: uno per la vaccinazione, uno per la guarigione e uno per la negatività. L’operatività è affidata a un’infrastruttura digitale operativa in tutta Europa: ogni certificato avrà un codice QR per attestarne l’autenticità in tutti i Paesi. I test si stanno già eseguendo in 18 Paesi, tra cui l’Italia (che dovrebbe rientrare nella rosa dei primi dieci Stati ad applicarlo). Il certificato sarà valido per 12 mesi (ma anche qui…); i dati contenuti (peraltro molto essenziali) non saranno comunque archiviati.
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