Prima delle elezioni europee ci eravamo lasciati con il varo del provvedimento che reintroduceva il redditometro e il successivo ritiro dello stesso perché intervenuto intempestivamente a ridosso della tornata elettorale.

Era apparso subito evidente come il ritiro fosse un’azione tattica dettata dalla necessità di non alterare il risultato dell’imminente consultazione elettorale e che ben presto si sarebbe tornati alla tentazione di identificare gli evasori attraverso meccanismi induttivi. Lo scorso 5 agosto, seguendo questa linea, è stato introdotto, all’interno del provvedimento correttivo del concordato preventivo biennale, un nuovo meccanismo che nelle intenzioni dovrebbe consentire di individuare l’evasione in maniera più puntuale e meno a strascico.



Il nuovo meccanismo prevede che si attivi l’accertamento nei confronti dei possibili evasori tutte le volte che venga rilevata una doppia condizione ovvero che venga, da un lato, individuato uno scostamento superiore al 20% tra spese sostenute e reddito dichiarato e, dall’altro, che lo scarto tra quanto dichiarato e quanto accertato sia superiore a circa 70 mila euro ovvero a dieci volte l’assegno sociale annuo attualmente pari 6.947,33 euro.



La ratio che sottintende questo nuovo meccanismo risiede nella volontà di evitare che l’accertamento sintetico si attivi tutte le volte che vi sia uno scostamento inferiore alla soglia oggi individuata. L’obiettivo dichiarato è puntare a recuperare l’evasione nei confronti di coloro i quali possano essere definiti “grandi evasori”.

È innegabile che al momento manca la prova sul campo di cosa si otterrà dal nuovo strumento. Non è per niente chiaro, invece, se la franchigia individuata per questo strumento, ovvero una soglia di esenzione per la “presunta” evasione inferiore ai 70 mila euro, valga anche nei confronti di imprese e professionisti per i quali gli accertamenti andranno a eseguirsi con gli strumenti tipici e già “collaudati”.



Se così non fosse il nuovo strumento manterrebbe le caratteristiche di equità che dovrebbero essere alla base delle attività della Pubblica amministrazione? Verrebbe garantito il principio costituzionale della capacità contributiva?

Nella realtà anche questa fase dell’azione politica non pare coordinata e coerente con gli obiettivi che dovrebbero guidare un’azione riformatrice. È del 7 agosto, infatti, il provvedimento del Governo che ha di fatto portato a 3,2 miliardi di euro la dotazione dell’incentivo Zes inizialmente fissato a 1,6 miliardi di euro. Il provvedimento ha praticamente raddoppiato lo stanziamento iniziale dando voce alle critiche che vie erano state e mettendo in dubbio la capacità di mantenere sotto controllo i conti pubblici. In poco meno di un mese, infatti, si è rifinanziato una misura il cui vero beneficio deve ancora essere dimostrato posto che è sempre di questi giorni la nomina del nuovo coordinatore della Zes Unica per il Mezzogiorno.

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