Non c’è dubbio che abbiano pesato nel voto umbro le disavventure della giunta regionale guidata dal Pd con lo scandalo che ha travolto il presidente uscente. C’è da considerare inoltre il logoramento di un modello di governo regionale, quello garantito per lunghi decenni dalla sinistra. Un modello che in passato ha promosso lo sviluppo dell’Umbria ma che si è venuto trasformando in un sistema di potere segnato da pratiche spartitorie e da faide interne. Voltare pagina rispetto a questo sistema ha motivato i cittadini umbri a recarsi alle urne massicciamente e a scegliere la Lega di Salvini.
C’è tuttavia una questione politica di fondo che spero il Pd sappia discutere e affrontare. Il gruppo dirigente del Pd ha ritenuto che il voto umbro avrebbe contribuito a rendere stabile, permanente e strutturale l’alleanza con i grillini. Questa la tesi sostenuta platealmente da Franceschini e fatta propria da Zingaretti.
Il patto con i grillini, secondo costoro, era da replicare in Calabria, Emilia, Toscana, Liguria e Campania. Una linea politica improvvisata, superficiale, dannosa. L’origine di questa condotta dissennata la si rintraccia nell’errore di agosto, quando si sostenne che, per bloccare la destra, fosse indispensabile l’intesa politica e di governo tra Pd e Grillo. Una linea politica priva di basi culturali e programmatiche. Unico motivo addotto, impedire elezioni che, si sosteneva, avrebbero visto il successo di Salvini. Dopo due mesi di governo di Conte bis, la destra ha stravinto in Umbria e i sondaggi parlano di un successo del centrodestra di Salvini in un eventuale voto politico. Così stanno le cose. A cosa è servita la giravolta di agosto? Penoso poi il commento di Renzi al voto umbro. Rivendica di essersi tenuto alla larga dall’Umbria ma dimentica che l’apertura ai grillini in agosto fu promossa da una sua capriola politica.
Cosa fare? Nel Pd si impone un mutamento di linea politica. Occorre un congresso vero in cui porre la questione. Le forze che hanno a cuore le sorti del Pd e intendono combattere seriamente Salvini e la destra devono porre il problema di una riflessione critica sulla condotta del Pd ad agosto e sulla scelta dell’alleanza con M5s nel governo presieduto da Conte. C’è da augurarsi che ci siano ancora nel Pd uomini e donne decisi a battersi per una svolta politica rispetto ad un corso delle cose che si annuncia distruttivo. Infine un’ultima osservazione: la coalizione che sorregge il governo è oggi in netta minoranza nel Paese (lo era, per la verità, già ad agosto). Una questione delicata che credo non possa sfuggire al Quirinale.