Sulla morte “programmata” di Navalny pare che, almeno in Italia, si sia trovato un giudizio comune, e quindi una posizione politica unitaria, che non si vedeva da tempo.
Ormai nessuno osa difendere Putin, genio del male, erede di un cocktail di dittature dove il ricordo di Hitler e Stalin si confondono. Con uno così non si può neanche parlare, non si deve parlare, pena l’accusa di essere un suo amico o un suo dipendente.
Eppure, piaccia o no, visto quello che sta succedendo in Ucraina, prima o poi bisognerà pur trattare, seriamente, anche con Putin. A meno che si sia già deciso di eliminarlo con una improponibile guerra mondiale, dopo la quale…
Oltre tutto nella situazione attuale sembra proprio che non si debba attendere un cambiamento immediato all’interno della Russia che apra prospettive di un nuovo regime, e quindi di pace.
L’Occidente democratico in questi anni ha stabilito con la Russia migliaia di relazioni commerciali. In cambio soprattutto del petrolio si è invasa l’ex Unione Sovietica, e la Russia in particolare, di una quantità di prodotti di consumo, ma ben poco, al di là di poche lodevoli iniziative, si è fatto per una politica culturale che proponesse ai russi, soprattutto ai giovani, qualcosa di alternativo a quella cultura del mondo della dittatura che ancora oggi caratterizza la società post-sovietica.
Ricordo ancora l’entusiasmo con cui molti miei studenti accolsero l’arrivo della Nutella nei supermercati, per non parlare di altre cose che oggi condividono largamente con i loro coetanei occidentali. In compenso, nel quadro delle cosiddette sanzioni, qualche “sciocchino” di casa nostra boicotta le rappresentazioni della grande cultura russa pre-rivoluzionaria.
In questa situazione mi domando: se si vuole trattare con Putin per ottenere qualcosa che assomigli ad una pace giusta, chi dovremmo mandare? Un ultras del marxismo-leninismo, magari da cercare affannosamente in qualche RSA dell’Emilia-Romagna?
Nel secolo scorso, a metà del quale sono nato io, quando qualcun altro invase la Polonia ci si accorse che non si era fatto abbastanza non solo per contrastarlo con le armi, ma anche con un’azione educativa alternativa a quella del nazismo per i giovani tedeschi. E il dittatore, orte di un consenso popolare che oggi si fa fatica a negare, si sentì libero di realizzare i suoi piani. Ci volle la seconda guerra mondiale per fermarlo. Eppure anche allora quanti tedeschi frequentavano il nostro Paese, e la Francia e la Gran Bretagna, eccetera. Quanti giovani tedeschi studiavano in quelle università di Paesi che sarebbero diventati inevitabilmente nemici!
La debolezza della “democrazia occidentale” oggi non risente solo di una possibilità d’agire sul piano militare, ma forse, soprattutto, di una incapacità di proposta culturale-educativa che evidentemente stiamo pagando. Anche oggi, nonostante le sanzioni, molte famiglie russe visitano i nostri Paesi, molti giovani russi frequentano le nostre università e le nostre accademie musicali. Abbiamo qualcosa da offrire oltre la nostra ospitalità, spesso pagata da loro a suon di rubli?
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